17 2 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI A Tana fecero i Tartari una spaventosa irruzione; misero il sacco alle dovizie quivi raccolte dai Veneziani, che furono tutti quanti trucidati. Parecchi autori fanno ammontare a più di duecentomila ducali il valore dei beni in quella occasione perduri dai Veneziani, e ad oltre seicento i morti. L’istesso giorno un terribile uragano minacciò di subissare Venezia, e ne lasciò infranti i legni, ed atterrali molti ediíicii (1). Ma più di siffatte miserie, pesava sull’animo dei cittadini veneti la tracolante aristocrazia dei nobili, e l’odiosa onnipotenza dei Dieci, la cui mano invisibile e tremenda era temuta per modo, che niuno osava proferirne lamento, nemmanco all’orecchio delle persone più fide. Un giorno, un tal Balduino, uomo di bell’aspetto, e ricco di stabile e di moneta, sfogò, in tutta confidenza coll’amico Bartolomeo d’Anseimi, il suo cruccio contro l’oltraggiosa protervia dei nobili (2). Era una corda che rispondeva all’unissono in tutti i petti; sicché questi (1) « In quel tempo fu tanta la forza di vento et di tempesta con pioggia nel mese di agosto , che niolti navilii si ruppero, et molli edificii privati et pubblici cascarono, tra i quali fu il campanile di San Dominico. Gli arbori, cavati per forza dalla terra, erano portati in luoghi più lontani, per il grande impeto dei venti». Quegli arbori cavati per forza dalla terra ci farébbero credere un tale uragano non essere altro che quel fenomeno detto tifone o tromba d’aria, quale avvenne nel maggio dello scorso anno 1846 nel parco erariale, presso Monza. Ma l’ingenuo Sa-bellico soggiunge, che « tal cosa fu tenuta per segno di qualche futuro male, et tanto più per le terribili paure che occorsero, per molte spaventose im-imagini di cose diverse et varie , le quali apparvero nel mezzo di tal furore ». (2) Vogliono taluni che l’ira sua derivasse dal dispetto di non essere maialato ammesso al Gran Consiglio, come a tant’allri gentiluomini era toccato dopo la guerra di Chioggia.