CAPITOLO V. 101 quanti’ anche non avesse trovato altro argomento per votarne l’abolizione, disse apertamente gli sarebbe bastato la stranezza, la goffaggine, la sguaiataggine del nome solo, il quale mostra per sè stesso non essere che una fallace ed ipocrita buccia per inorpellare e coprire magagne gesuitiche. Alle quali si vollero aggiungere le Sacramentine, gli Oblali, i Liguorisli, ed altri tali, che Dio ci perdoni. Mentre di siffatti nomi visibili ed eterocliti, e di tali fratesche superfetazioni non ne esistevan punto negli aurei tempi del cristianesimo, esse furono inlroduUe, e sempre andarono crescendo coll’ignoranza e colle superstizioni dei secoli posteriori, con immenso detrimento della bella e veneranda semplicità evangelica , e con enorme incremento di ridicole costumanze, e, quel che è peggio, di corruttele, di lordure e di scandali. Ondò , il valentuomo conchiuse scongiurando la Camera a voler sorvolare su quanto sarebbesi ancora potuto aggiungere in quella disputa sciagurata, dicendo come fosse sconveniente il sciupare in essa ulterior tempo, come se dalla conservazione di qualche branco di pinzocchere, e dal non toccare alcune cocolle, dovesse dipendere la salute non solo della patria, ma di tutto quanto il genere umano (1). Che direbbero i re-publicani di Venezia, se vedessero sciogliersi con tanta pena dalle Camere costituzionali di Torino una que- (1) Vedi nei varii giornali italiani il rendiconto della seduta del 18 luglio 1848 nella Camera dei deputati in Torino. Alle belle parole da noi citate del Ravina, altre ne aggiunse con pari eloquenza il BrolTerio; e non ci volle meno per estirpare, almeno giuridicamente, dal Piemonte la triste gramigna del gesuitismo.