526 STORIA DEI, CONSIGLIO DEI DIECI Nè, a provare 1’ autenticità degli Stallili, giova gran fatlo la circostanza di alcuni brani riportati dal Soranzo, e degli estratti che se ne trovano nelle carte inviate dagli ambasciatori francesi nelle lord corrispondenze. In quanto al cavalier Soranzo, essendo egli di oltre due secoli posteriore all’epoca apposta ai pretesi Statuti, non potrebbe in proposito meritar troppa fede. Ma, per giunta, si osserva che il brano di esso Soranzo, recalo dal Daru intorno all’articolo 55 dei medesimi, prova che egli non aveva neppure il sospetto che quegli Statuii esistessero. Per cui nel mentre descrive le violenti misure che si prendevano contro coloro i quali arringassero in Maggior Consiglio, egli non lascia in disparte la più formidabile, la pena di morte. Che se avesse visli gli Statuti, li avrebbe pur trovati tali da poterne fare suo" prò. E se alcuno degli estratti degli ambasciatori coincide con qualche articolo degli Statuti suddetti, ciò non mostra altro, continua il Tiepolo, se non che gli ambasciatori avranno raccolte queste notizie dalle voci vaghe e popolari, Dio sa da quali fonti derivate, al pari dell’incognito autore degli Statuti medesimi, il quale, in molli casi non ha fatto che copiare alcune publiche prescrizioni o decreti del Consiglio dei Dieci, posteriori agli Statuti, che possono leggersi nel codice più volte citato, ed aggiungervi delle clausole crudeli e tiranniche, onde rendere il tribunale più odioso (1). Nè anche al Tiepolo par giusto, che mentre fino all’anno 1454, e per molto tempo anche di poi, tulle le deliberazioni del Maggior Consiglio e del Consiglio dei Dieci si trovano scritte in latino, gli Statuii siano in (I) \cdi la Rettificazioni; del Tiepolo, voi. 2.