492 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI Si disputò poi per più giorni, per trovare il mezzo onde accontentare entrambe le parli. Nè i Veneziani, nè li ambasciatori Jfìorenlini osarono proporne alcuno, onde elessero arbitro tra loro 1’ ambasciatore del re di Spagna, che già li confortava alla concordia. 11 quale propose che i Pisani ritornassero alla divozione dei Fiorentini, non come sudditi, ma come raccomandati, ed alle medesime condizioni che erano stale concesse alla città di Pistoia, come un di mezzo fra la servitù e la libertà. Al che risposero i Veneziani: « non conoscer parte alcuna di libertà in una città, nella quale le fortezze e l’amministrazione della giustizia fossero in potestà d’altri (1) ». Ond’è che gli ambasciatori fiorentini, non ¡sperando di ottener cosa alcuna, se ne partirono pienamente convinti che i Veneziani non avrebbero abbandonalo la difesa di Pisa, se non costrettivi da inellul-tabile necessità. Ben si vede che i sentimenti di fratellanza in Italia, pur troppo, allora non erano sentiti gran fallo. Oh se quei nostri padri avesser potuto assistere al consolante spettacolo di unione e di amore, dato appunto dai cittadini di Firenze e di Pisa nello scorso settembre! — Gracchino pure a loro posta quei signori d’oltremonte, i quali si sono arrogato il diritto di darci, con ipocrita sollecitudine, dei consigli non voluti ed esecrati da noi, forse nel perfido scopo di facilitare la strada all’intervento straniero. Sì, lasciamo pure che gracchino e vilipendano quelli entusiastici e magnanimi nostri sentimenti di fratellanza e di amore, battezzandoli collo spaventoso loro nome di communismo: sì, gracchino,.se sono da tanto; (1) Vedi Guicciardini, Istoria d'Ihrlia, Lili. iv, cap. 2.