CAPITOLO V. 125. Narra il Sanato come l’eco di così clamorose ovazioni sia giunto persino nelle carceri del Pisani, il quale si sarebbe trascinato all’inferriata della prigione per dire al popolo : « Viva San Marco (1). » — 11 Pisani, poiché gli fu annunziata la libertà, non ebbe smania di approfittarne; ma volle trattenersi in carcere per tutta la notte. La mattina seguente fu per lui un vero trionfo. Una folla dei migliori cittadini gli si fece incontro ; e colle più effuse dimostrazioni d’entusiasmo l’accompagnarono sino alla porla del Consiglio. Quivi giunto, il Doge così gli parlo: « Fu già tempo, Vittore, che abbiamo dato opera alla giustizia, ora è tempo di conceder grazia. Comandammo che tu fossi incarcerato per la rotta avuta a Pola, ora volemo che tu sia liberato. Non voler ricercar se questo sia stata cosa giusta, o no. Ma, lasciando andar le cose passate, riguarda al presente stato della república, e quella cerca di difendere e di conservare. E finalmente, opera in modo che i tuoi cittadini ti siano obbligali per la Salute pubblica e privata, i quali ti onorano per le tue grandissime virtù (2). » Per la verità, avrebbe potuto far molle osservazioni il Pisani al diplomatico discorso del Doge : pure, con magnanima calma, diede la seguente risposta : « Non è alcuna pena, Serenissimo Principe, che da voi e dagli altri, che governate la república, potesse venire in me, la quale io non avessi a sopportare con buon animo, come è convenevole a buon cittadino, lo so, Serenissimo Principe, tulle le cose che si fanno esser falle (1) « E udendo questo il detto Vittorio Pisani venne alle cantellene, dicendo:—Viva messere San Marco.— » (2) Vedi il Sabei.lico.