312 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI mente straordinaria il trovarsi a Parigi, in una publica biblioteca, una processura secreta del governo Veneto ». E perchè una tale ragione non gli è parsa anco più buona nel caso suo, nel quale si trattava, non delle carte di un semplice processo, ma del capitolare di Inquisitori di Stalo, il cui primo requisito era il silenzio ed il mistero ? Un altro fortissimo argomento che toglie dal poter riconoscere come autentici gli Statuti riferiti dal Daru, Io trova il Giovini noU’uniformità della dicitura che essi presentano, benché scritti in epoche diverse e molto lontane. Fra il primo ed il terzo Statuto, come vedremo, corre lo spazio di oltre due secoli ; eppure, la lingua , che ogni dì si modifica, non è punto, nel primo , più antica. E convien notare che il dialetto veneziano di quei tempi è assai diverso da quello in cui sono scrini i pretesi Statuti (1). Va più innanzi il Giovini , e dice: come mai un Governo così sospettoso della soverchia potenza di pochi cittadini ; come mai una magistratura così gelosa della propria autorità, qual era il Consiglio dei Dieci, sempre intento ad ampliarla a danno degli altri, avrebber potuto instituiré un nuovo tribunale, con attribuzioni illimitate, e col diritto di non lasciar conoscere fin dove tali attribuzioni si estendessero ? Non era questo un affidar la república ai tre soli individui , ed attribuir loro un potere dispotico di così strana natura, che indarno se ne cercherebbe esempio in alcun altro paese (1) Valgano , ad esempio , le due citazioni da noi fatte, in nota, per la morte del Carmagnola , a pag. 209 , e per la fuga del Piccinino , a pag. 229.