— 72 — la solidarietà con Agesilao Milano e cogli accoltellatori del 6 febbraio 1853», che fosse ispirato «per molto» dall'odio contro il papato; donde ad un tempo la tenace avversione per la Questione romana, fuuesta trovata Mazziniana, e la certezza che il Cavour non potesse essere in buona fede! Eppure il D’ Azeglio aveva innanzi agli occhi vivissimo ed iDsigne l’esempio del Manzoni [cfr. ora bene illustrato questo punto dall’art. di M. Scherillo, Manzoni e Roma laica, in Corriere della Sera, 4 aprile 1911]: che se non era sufficente per farlo ricredere, doveva bastare almeno a fargli pensare che le aspirazioni dirittamente logiche del patriottismo italiano non erano di necessità in antitesi con il fervore di un rattolicismo sincero ed illuminato. Il Cavour, invece, da lontana esperienza preparato ad una serena visione dell’ arduo problema dei rapporti tra Stato e Chiesa (cfr. De la Rive, op. cit., p. 3*27), sicuro di sé nella salda fede ai principii liberali, osservò con mirabile perspicacia le disposizioni del momento. Il moto ideale era, nel complesso, largamente favorevole ad una schietta e coraggiosa azione italiana. Dalla lettera del Gualterio alla polemica provocata dalla scomunica (cfr. Quint., pp. 6-30) unanime era la critica acerba al Governo pontificio, unanime il convincimento che, di conseguenza, Io stato temporale della Santa Sede non potesse essere conservato, aperta e talora veemente la espressione del dolore o del disgusto per le resistenze frapposte dalla Curia romama ai voti nazionali ; ed inoltre si levavano voci dal clero medesimo, oltre che da cattolici di indubbia fedeltà, a domandare una risoluzione od un accordo per il bene proprio della Chiesa. Le elezioni politiche avevano dimostrato che il Paese era col Cavour: pareva che tutto incuorasse all’ ardimento. 11 Cavour, nello 'degno per la disillusione di Villafranca, aveva detto: «sono stato impedito dal fare l’Italia dalla diplomazia del Nord, la farò con la