medievale; e M. D’Azeglio (La politica cit. ; Quint., p. 17) chiamava il potere temporale « la spaventosa immagine di un cadavere, che da due braccia robuste viene tenuto in piedi o, il Governo pontificio scandalo dell’Europa civile: lord Glarendon usava parola più aspra. D’ altronde il D’ Azeglio medesimo (lbid ; p. 16) aveva scritto che il Papato, abbarbicato all’ Austria, inquietava ed allontanava le coscienze (idee simili aveva poco dopo, espressi, il p. Lacordaire, De la libertà de VItalie et de V Eglise, Paris 1860; Quint., p. 17), e che, se pure al dominio mondano non potevano essere contestati i titoli, il diritto cristiano, che aveva distrutto la schiavitù degli individui, non poteva essere fondamento della schiavitù delle nazioni. Cosi il Giorgi ni (op. cit.; Quint., p. 19-20) aveva mollo vivacemente negato che si potesse invocare 1’ utilità della Chiesa contro ogni condizione umana, reale delle popolazioni, teoria ripudiala dalla Chiesa medesima. Prima del I)’ Azeglio e del Giorgini, il Tommaseo (Il Papa e V Imp. cit.; Quint., p. 13), per ricordare questa voce soltanto, aveva domandato quale plebiscito si aspettasse mai più eloquente della necessità di mantenere due eserciti stranieri per impedire la rivolta di un piccolo popolo. Inoltre proprio la diffusa opinione dell’insanabile antagonismo tra il Governo pontifìcio ed il popolo e lo spirito del tempo aveva ripetutamente, e nei modi più svariati, proposto il concetto dell’ abolizione del Potere temporale, dal Congresso di Vienna alle memorande votazioni della Repubblica Romana nel’49: cfr. Zanichelli, op. cit., p. 401 e Quint., p. 5. — A p. 46 r. 12 : che la soluzione della Questione romana si imponesse per la pace dell’Europa e l’equilibrio morale del mondo civile, era stato detto da molti, più autorevolmente dal La Gueronniére nel secondo opuscolo (Quint., p. 19) ; che lo stato attuale del Principato pontifìcio fosse causa di inquietudini generali e