— 68 — da parte di Napoleone 111. Orbene, il Principe -Napoleone ebbe a dire oltre a ciò, cui ho accennato di sopra, che la politica del non intervento avrebbe condotto 1* Italia all’ unità, e questa avrebbe data la salvezza al Romano Pontefice, a malgrado del suo atteggiamento : ma la Roma dei Papi veniva questa volta ristretta ancora più, alla destra del Tevere, ed il Principe Napoleone si contentava di dichiarare che la Francia non voleva la immediata distruzione del potere temporale, e ne lasciava il compito al tempo, al progresso, ai popoli l Infatti il Governo francese non poteva aggravare la delicata situazione interna, richiamando in un prossimo momento le milizie da Roma, e Napoleone 111, avrebbe sempre tenuto fede al principio sincerissimo di non abbandonare il Papa alla rivoluzione: egli tuttavia era giunto a tal punto da cercare un modo decoroso e prudente per togliersi il peso del presidio romano, e da volere soltanto persuadere l’opinione pubblica del suo paese ed i Gabinetti stranieri che la Questione romana non poteva essere considerala che nei termini minimi di quel principio (Cfr. anche Bolton King, op. cit., p. 230). Tale, per tanto, doveva essere il punto di partenza della illuminata politica del Conte di Cavour. Noi Italiani teniamo a mente che non basta ricordare l’immenso benefizio della campagna del ’59, ma che la giustizia pretende, per la memoria del generoso Napoleone III, una riconoscenza ben più larga e serena. — A p. 44 r. 22, per I negoziati di Cavour colla Santa Sede cfr. Tivaroni, voi. cit., pag. 374 segg. Cfr. anche R. De Cesare, Roma e lo stalo del Papa etc., Roma 1907, II c. VII. Cavour aveva avviate pratiche per mezzo del p. gesuita Passaglia e di Diomede Pantaleoni col card. Santucci e quindi con Pio IX, per mezzo dell’abate Isaia e di altri col card. Antonelli e pareva che verso la fine del gennaio ’61 la Curia si rassegnasse alla perdita del potere temporale, nel febbraio