neva soltanto idee bizzarre, come da taluni si dice; senza dubbio aveva scritle strane cose, ma, in sostanza, dava sommo credito ad un concelto ripetutamente e-spresso, caro a quanti si sbigottivano delle opposizioni pontili eie, condiviso dalla Corte francese. Di più, come nota lo Zanichelli (pag. 408;, con maggior forza di persuasione contribuiva a ribadire l’idea che il Governo del Re non avrebbe mai osato o potuto occupare Roma. Si può ben dire per lanto, che fosse minaccialo di impedimenti il più glorioso passo della politica Ca-vouriana, al modo islesso che il 1)’ Azeglio la aveva prima complicata con la insistenza sui progetti federalisti, e contrariata con il sequestro di Milano, cagione di penosi malintesi e di incresciose polemiche non ancora sopite. Tutto ciò dispiace quanto più sappiamo la reverenza e la gratitudine, che dagli Italiani deve essere serbata per la memoria di Massimo D’Azeglio, nobilissimo propugnatore e difensore delle lioertà costituzionali in ardui momenti, e valido cooperatore della nazionale resurrezione in difììcili circostanze. A pag. 44 r 12 : abbia Napoleone 111 detto o no (cfr. Tivaroni, op. cit., II, Torino 1896, p. 301 ; ma v. Bolton King, op. cit., p. 175) nel 1860 le parole famose, non era tuttavia in dissonanza il significato del suo contegno. Cosi nei riguardi della Questione romana si può affermare che Napoleone 111 cercasse un equilibrio Ira la propria disposizione sostanzialmente favorevole al movimento italiano, l’atteggiamento degli uomini di Governo, che egli aveva intorno a sé, e le prevalenti correnti dell’ opinione pubblica francese. 11 principio del non intervento era stalo sostenuto con uno sforzo della politica per sonale di Napoleone, nella simpatia del Gabinetto inglese; ma era stalo anche un giuoco diflìcile, che non avrebbe potuto a lungo durare, dopo che il Pontefice aveva richiamate le coscienze cattoliche ad aperta opposizione e fatto di tutto per aprire gli occhi