— 76 - sir Enrico Elliot (lbid., p. 316-7) ; d’ altronde anche il Cavour era pronto a « giuocare il tutto per il tutto », ma non poteva egli inasprire la situazione diplomatica, già pericolosa, con dichiarazioni, che avrebbero alienate alla causa nostra le simpatie dell’Imperatore dei Francesi e molto facilmente provocata un’ aggressione austriaca in Lombardia. Era necessario, almeno, che prima il He raggiungesse il Tronto, e, trattenesse il cozzo delle passioni. Il Cavour aveva cercato di acquetare Garibaldi per mezzo del Persano : « Noi un qualche giorno andremo a Roma» gli aveva fatto dire il 2 ottobre, « ora é una vera pazzia pensare a ciò ; dobbiamo sbrigare prima l’affare del Veneto, e non perderci in utopie» (Bolton King, op. cit., p. 189); aveva cercato di acquetarlo con un nuovo sogno di guerra, ma in verità pensava di guadagnar tempo volgendosi secretamente alle speranze della conciliazione. Se non che era tardi : già il Generale aveva domandato al Re il congedo del Cavour, come condizione di pace, ed il Cavour scese in campo senz’ altro, presentando il progetto di legge per le annessioni, e chiamando il Parlamento arbitro tra 1’ opera sua e la sfiducia dell’ « uomo, che il paese giustamente teneva caro ». Nella relazione, premessa a quel progetto di legge, scriveva ancora che niuno poteva osare di rivolgere contro i Francesi le forze che non si sarebbero avute senza il sacrifizio magnanimo di Solferino, e che « per ora » nulla si pojeva fare per Roma (cfr. Tivaroni, op. cit., p. 332-3). « Un giorno », « per ora », parole dell’ attesa ; ma, mentre si discute quel progetto di legge medesimo, il Re passa il Tronto, e nel Proclama di Ancona (9 ottobre 1860 cit. ; Ris. Ir., p. 168 segg.) dimostra con qual fede la Monarchia di Savoia avesse fatta propria la causa nazionale, e dice alto che la Monarchia adempieva ad un salutevole dovere assumendo « con mano ferma la direzione del moto nazionale, del quale era responsabile