— 83 — della verità, meglio di tutti G. Montanelli (L'Impero, il papato e la democrazia, Firenze 1859 ; Quint., p. 11) e G. B. Giorgini, op. cit.; Quint., p. 20): entrambi dicevano non essere riescite vane le insistenze delle delle Potenze per difetto di volontà negli uomini, ma per necessità della istituzione, in causa dell’essenza medesima del potere spirituale, della profonda diversità tra il carattere del diritto canonico e quello del diritto moderno, — del principio medesimo da cui scaturivano le esigenze di riforme, aveva detto il Montanelli, il principio di libertà di coscienza. Se non avessero trovato pieno e immediato consenso nella coscienza degli Italiani, il Governo del Re non avrebbe scritte nel Proclama cit. 9 ottobre 1860, firmato da Vittorio Emanuele e controfirmato dal Farini, le parole seguenti :« Al Sommo Pontefice, nel quale venero il Capo della Religione de’ miei avi e de’ miei popoli,... indarno scrissi di assumere il Vicariato per 1’ Umbria e per le Marche. Era manifesto che quelle provincie, contenute soltanto dalle armi di mercenari stranieri, se non ottenessero la guarentigia di governo civile che io proponeva, sarebbero tosto o tardi venule in termine di rivoluzione o (Ris. Ir., p. 172). Cfr. poi Bolton King, op. cit., p. 139 — A p. 46 r. 8: quale fosse il Governo pontificio non occorre dire, per tante dolorose memorie che uè restano. La storia aneddotica è vivacemente delineata nei due volumi del De Cesare (op. cit.), ma il Cavour parlando alla Camera sapeva che le sue affermazioni avevano risconlro in severissimi giudizii di uomini, che non erano stati, per certo, inspirali da odio contro la Chiesa. Il Vescovo medesimo di Poiliers non poteva negare le macchie del suo Sole, ma il De Pressensé (Le Romagne ovvero il potere temporale del Papa e la religione etc., Torino 1859; Quint., p. 5) soggiùngeva che la macchia era ostinazione di non capire e non volere altro stato sociale che il