— 73* — rivoluzione del Sud » : 1’ esame sereno delle fonti, a mano a mano offerte al nostro studio, sempre meglio conferma le considerazioni del colonnello Guerrini (art. cit., pag. 45 segg.) intorno alla partecipazione non solo del Re, ma anche del Cavour alla spedizione dei Mille, partecipazione — per necessità che dovrebbero essere evidenti — secretissima e indiretta, ma indubbia. Da prima egli aveva potuto lavorare a fianco della rivoluzione, ed il suo compito era stato di cercarne l’armonia con la politica italiana della monarchia di Savoia, apprestarle secreti aiuti, serbarle oculate difese; ma dopo il trionfo dei Mille, altri modi erano necessarii per una politica ‘italiana sino agli estremi’. Se Garibaldi aveva alzata la bandiera tricolore col motto « Italia e Vittorio Emanuele », e la aveva imposta a tanti dei suoi; se Giorgio Manin era partito coi Mille per dimostrare ai repubblicani come si dovesse ormai perseguire il sogno della Patria, non bastava accettare il magnifico frutto della rivoluzione, ma era doveroso riconoscerne la eredità, impegnandosi anche per questa : e dirlo apertamente, con il diritto solo di domandare la fiducia, che consentisse libera scelta dei modo e del tempo opportuno. La gloria dei Mille era il primo sole del compimento d’Italia: «un’altra grande mossa in avanti verso l’unità finale », giudicava subito il Cavour. Pareva che la vittoria accompagnasse Garibaldi, e Garibaldi non faceva mistero del proposito di andare avanti, avanti sino a Roma ed a Venezia. Infatti si poteva altrimenti intendere l’unità? «Non possiamo esitare, dobbiamo aiutarlo », disse il Cavour : 1’ aiuto dove avrebbe portato il Governo del Re? Mentre gli scrittori politici, o per timidezza di pensiero, o per insuperabile attaccamento alla tradizione, o per paura di troppe incognite del nuovo, o per difetto di coraggio civile, pur accettando parecchi, ed anzi taluni degli audaci postulati liberali, a un certo punto o davano indietro o