POLITICA COMMERCIALE E COMMERCIO 203 durò fino al 1894. Le merci inglesi furono sottomesse a un dazio dell’8 % ad valorem e 1 % per tasse di porto, diritto di statistica e tasse comunali; la Gran Brettagna assicurò alla Bulgaria la clausola della nazione più favorita. Il dazio non era calcolato secondo le veechie tariffe su prezzi molto alti ma sui prezzi del mercato. Gli spiriti, i tabacchi, il sale, la polvere e simili articoli che in Bulgaria erano sottomessi a una tassa di consumo o si trovavano nella condizione di monopolio dovevano pagare oltre al dazio d’entrata le tasse contemplate nella legge del paese (1). Questo accordo non portò alla Bulgaria vantaggi economici ma fu considerato come un successo politico perchè per la prima volta il piccolo principato vassallo, con piena indipendenza, segnava un atto con una grande potenza, emancipandosi in parte dalle disposizioni dell’art. 8 del Trattato di Berlino; infatti dopo di esso altre potenze occidentali a mezzo di scambio di note si fecero accordare gli stessi vantaggi. Tali nuovi accordi non fecero che danneggiare ancora di più la piccola industria già in decadenza e anche il fisco; facilitò invece le importazioni. Allo scopo di parare a tale danno fu elaborata una nuova tariffa autonoma che elevava il diritto d’entrata al 14 % ad valorem allo scopo di difendere gli interessi del paese. Si addivenne a nuovi accordi nel 1895 con un dazio del 10 1/2 % e uno complementare del 1/2 % con le grandi potenze e altri paesi minori. Non potendo far fronte ai bisogni finanziari la Bulgaria ricorse ai dazi complementari, le accise, con la legge del 1° gennaio 1895 che andò in vigore non ostante le proteste degli interessati. E ciò fu dovuto alla politica finanziaria del ministro Ghescioff che voleva dare maggiore estensione alle imposte indirette. Tale regime delle accise, o dazi supplementari, riguardava specialmente molti prodotti stranieri come il sale, il petrolio, lo zucchero, caffè, olii di oliva, fiammiferi, tè, pro- li) C. Abaoieff, op. cit., p. 20-21.