S. GEORGIO MAGGIORE 245 tra 1’ altre cose, si fa menzione di libri, e d’ un tesoro: forse che quelli altro non erano che libri ad uso di chiesa; e 1’ altro non comprendeva che gli arredi sacri di maggior valore, e alcune reliquie. Non saprei darvi maggiore interpretazione. Degne pure d’ osservazione si rendono tutte le sottoscrizioni che vi si leggono per molte ragioni, venendoci a spiegare e le facoltà dei dogi in que’ tempi, e l’autorità degli ecclesiastici, e de’ popolani secolari, e il cognome di varie famiglie, il quale di rado prima del mille si rinviene ne’ documenti di simil indole presso la maggior parte delle storie italiane, e trovasi tuttavia frequentemente notalo negli Annali Veneziani. Ottenuta 1’ isola, Giovanni Morosini vi fabbricò un monastero, già ben diverso da quello che a’nostri giorni si vede, essendo quasi interamente precipitato l’anno 1228 per terremoto che portò anche altrove grandi rovine (26), e potendosi credere che fosse per la maggior parte di legno, come erano allora quasi tutte le case di Venezia, e le chiese in gran parte- Comunque sia stato, egli è certo, che il Morosini, uomo di somma bontà, attrasse parecchie persone a vestire l’abito di s. Romualdo in s. Giorgio, e visse con esse lino all’anno 1012 con dignità di abate. TNè per altra ragione fu nero l’abito suo, se non perchè uguale portollo s. Romualdo stesso sino al 1008, nè piacque dipoi al Morosini di cangiarlo in un bianco. Tra quei dogi che presero in s. Giorgio l’abito monastico devesi contare per primo lo stesso Tribuno Memo, che rinunciò al ducato dopo d’averlo sostenuto dal-1’ anno 974 al 991, e fu sepolto in s. Zaccaria, come scrive il Dandolo. Vuole questo illustre istorico ancora, che ivi, e non in s. Giorgio l’abito di s. Romualdo pe ndesse : ma ei cadde in contraddizione. Imperciocché è certo per la sua testimonianza medesima, cbe nel monastero di s. Zaccaria sempre abitarono monache, quantun que da monaci fosse la chiesa assistita. Laonde, consentendo ch’ivi sia sepolto Tribuno Memo, non si può ammettere che ivi monaco siasi fatto, ma piuttosto in quel convento del quale era stato donatore ed autore. Non dubitando i monaci di s. Giorgio della verità di tale avvenimento, ornando l’anno 1610 la facciata della chiesa, vollero risvegliare la memoria di questo principe, fabbricandovi a parte destra orrevole sepolcro, al quale aggiunsero analoga iscrizione. (27) Altri due dogi seguirono in s. Giorgio l’esempio del Memo, de’quali, a’ loro tempi, terremo discorso. Morto del 1012 Giovanni Morosini primo abate (28), gli fn sostituito il monaco Guglielmo, e fu fatto priore s. Gerardo Sagredo il quale lin da fanciullino, 1’ abito di monaco aveva preso, per voto di sua madre a s. Giorgio, avendolo ricuperato da pericolosa malattia. Andò Gerardo a studiare le scienze a Bologna insieme con certo monaco chiamato Gordiano. Dopo alquanti anni, ritornato a Venezia, e morto 1’ abate Gugl elmo, fu eletto in suo luogo nel 1021, e governò per sette anni. Rinunciò poscia alla dignità, desiderando di andare a predicar nella Palestina, dove, combattendo era stato ucciso suo padre da parecchi anni. Altrimenti poi consigliato si portò in Ungheria dove incominciavasi dui re s. Stefano ad introdurre la cattolica religione- Ivi predicò con molto frutto alla presenza di lui. Poscia ritirossi in un eremo detto Beel, e tale fu la sua vita, ch’ora tra’ santi si onora. Il suo corpo fu portato a Buda, e dopo l’anno i4°o da Buda in Venezia, e fu posto nella chiesa di s. Donato di Murano. L’anno i5g5, assentendo il vescovo di Torcello Antonio Gri-rnani, ne fu staccato un’osso, e dato in dono all’ abate di s. Giorgio Michele Ala-bardi che coll’altre reliquie, delle quali era doviziosa la chiesa, decorosamente lo fece collocare. Scrissero la vita di questo santo diversi autori: tra gli altri il Surio, ed Arnoldo Wion monaco fiammingo, ma che abitò molto tempo in s. Giorgio. In quella del primo mancano alcune notizie che nel secondo si trovano, il quale ebbe agio di ottenerle da Bernardo Sagredo procuratore di s- Marco. Pietro de’Natali parlando pure di s. Gerardo deve correggersi, ove afferma, eh’esso fu canonico di s. Marco, poiché non fu tale giammai; ma è piuttosto da sapersi, che i monaci anticamente anche col nome di canonici si appellavano, e che per questa ragione ca- Scric degli abali 1 li III