SAN GEMIlNIANO 33 fonie in s. Eustachio da,Giovanni Maria di Monte, che fu poscia Papa Uiulio III. Mette in Roma fino al »¿»7. 'n cu* ** padre venne a stabilir sua dimora in Venezia. Jacopo fece ammaestrare ¡1 figliuolo nello studio delle prime lettere sotto Stefano Piazzone, e Giovita Rapicio, uomini chiari ed eccellenti nella loro professione (num. 55 deir opere del Sansovino in seguito e p. 1 19 tergo del Secretorio) e poscia nella lingua greca sotto Antonio Francino da Monte-varchi: ma non potè Francesco in questi studi a suo bell'agio occuparsi, perché il padre voleva al tuttoché si applicasse alle leggi (num. 55 79-); e a questo oggetto mandollo a Padova , ed a-Bologna, dove per sua confessione (Secretorio aig tergo) consumò il tempo assai vanamente, non essendo punto inclinato alle dottrine legali. Sembra che a Padova stesse dal i.*>56 al i54° nel quale spazio nulla già attendendo al diritto civile e poco anche agli studi per timore del padre, davasi piuttosto bel tempo con altri giovani suoi pari. I primi anni infatti della vita del nostro Francesco furono presso a poco quelli della scostumatezza.(nw,il- $7) la quale a tanto era in lui giunta che dava fastidio perfino a quel Pietro Aretino, «he ognuno sa di quali costumi fosse, e rendea poi infinito dolore al vecchio Jaco- ?o, il quale se per sue faccende recavasi talvolta a 'adova, non volea vedere il figliuolo, e non mandatagli pur danari, temendo non gli gettasse a male consumandoli cogli amici al par di lui liberi e dissoluti; il perchè conveniva a Francesco avere ricorso agli amici che gliene prestassero ( nam. 83); e di questi era Pomponio Vecellio, il quale non minor cagione di dolore dava al padre suo il divino Tiziano ( Aretino Lett. V. 510. 311 -)-L*Aretino d’altra parte che più età assai aveva di Francesco, protestandosegli amico, lo confortava a non guastar lo ingegno, a non dar fede alla malizia altrui, a darsi agli studi laudabili, anche per consolazione del padre Jacopo, oltre che per il proprio vantaggio (Lettere II. 157. ann. *54o). Ma Francesco anziché approfittare di queste savie lezioni, forse non degnandosi di esser corretto • 107.) assicurava Francesco che l’Aretino dopo la riconciliazione fatta con lui nqn era più alterato nè mutato di buono animo verso di lui; si perchè il Sansovino in quell'anno stesso 15/^3 dedicava alI’Aretino la sua Retorica (num. 79^) E in seguito poi furono sempre amici, a segno che il Sansovino dettava versi in laude dell’Aretino (Leti. Aret. IV. 370) e anzi fattosi correttore di quello che lo aveva corretto, riprende-valo amorevolmente per la troppa facilità che trovavano le meretrici nel venire in casa di esso Aretino (Lett. Aret. IV. p. joo. t.) Non sapeva intanto Francesco esser condiscendente alle brame di Jacopo, che volea farne ad ogni costcr un avvocato; anzi con lettere altiere Io eccitava di più; peraltro pentitosi poco prima di partire da Padova, chiedevagli scusa, e promettea di studiare, (num. 85). Trovasi che del era a Firenze, e del lò^a a Bologna (num. 85), ove fu dal padre spedito a dar compimento agli studi, e dove prese laurea in ambe le leggi, stato colà uno de’suoi maestri in filosofia Lodo-vico Boccadiferro. France«co divenuto dottore, ma con assai poca dottrina, ripatrió, e fatto giureconsulto, com’egli dice, di titolo ma di pensiero più. tosto egri altra cosa che avvocato o dottore (Secretano I. c.) sperava pure di trarne qualche utilità; ma nulla giovandogli questa carriera, e poco fruito eziandio traendo dalla letteratura, la quale egli non aveva mai del tutto abbandonata, pensò di migliorare sua fortuna col mettersi nella via ecclesiastica. Andò pertanto a Róma l’anno i55o nella occasione che Giulio III da cui, come si è detto, era stato tenuto a battesimo, ascese al.pontificato. Questa sua gita colà fu acconsentita anche da Jacopo padre, il quale ne avea domandato consiglio adl’amico Aretino (Lett. Aret. V. a3g) e questi avevagli figliuolo. Nondi meno è da porsi mente anche alle parole dalt Aretino dirette a Jacopo (Lett. Aret. V. ^3g. anno i55o) in cui persuadendolo a lasciar andar a Roma Francesco perchè in Venezia non faceva buona riuscita, diqe^ che Francesco deve pregare che la signoria vostra non pur viva ma «be non vi venga voglia di por mente al s’egli è di voi nato o d’altri. Cosicch è pare che Jacopo in effetto dubitasse talvolta che Francesco fosse suofigliuolo. Tom. IV. 5