— 51 — vere devono essere le parole giurate dal suo sacerdote, conclusero. Sembra certo che in quei dì da Scutari erano venute ai capi segrete preghiere dal partito dei vecchi turchi, che non si azzardassero ad una mossa, ad una rivolta. Si suonava a morto per Ahmeti, ma si avevano fatti i conti prima dell’oste: egli era vivo e forte. Lì per lì in quel radunamento fu deciso di cingere d’assedio e prendere il comando della gendarmeria e la casa della sottoprefettura al colle di San Giorgio. Lin-Deda di Scutari era il sottoprefetto; il tenente Eill-Vassa di Jubani capo della gendarmeria. La forza di questa era ridotta a pochi uomini, per di più, come se lo avessero saputo, Eill-Vassa, Mark-Zadiku aspirante, Zadri-Luka aspirante in licenza a casa loro. Mi fu detto che era bello il vedere le arti di Lush-Prela, di Lulash-Geloshi, di Pietrush-Nnoja, di Nok-Mirashi e di altri, i quali, cambiata bandiera in segreto, presso il sottoprefetto facevano ora da San Pietro, ora da Giuda. Talora proferivano di dare il loro capo per lui e per Ahmeti, talora gli davano il bacio dicendo «Ave rabbi». Finalmente, simulandosi vittime del volere e del furore del popolo, piuttosto di essere uccisi e rovinati negli averi e famiglie, erano e si sentivano costretti a subire la vergogna di pregare Lini a scegliere il meno male, cioè partirsene per la città ed essere accompagnato da loro fino a Prekali per salvare la sua vita. Così partiva Lin-Deda per Scutari un due ore prima dell’alba del 20 novembre accompagnato da Pietrush Nnoja. Il comando di gendarmeria si consegnò. Vass-Kiri prese possesso della località della gendarmeria: Don Lorenzo di quella della sottoprefettura. Le poche armi e munizioni trovate furono divise fra i rivoluzionari; si cantò da sciocchi per allegrezza, si sparò a salve come se si avesse riportato una vittoria e si pose tra tutte le tribù un’armistizio ed una lega