S. GEORGIO ce le porte principali sciancate all’antica, vale a dire più strette in alto che a hasso. Sull’esempio pure degli antichi ediiizii, era egli molto portato per le fabbriche di mattoni cotti, considerandole, come di fatto lo sono, di somma robustezza, ed atte a resistere non che alle ingiurie dell’età, ma pure alla violenza degl’incendii. Le fabbriche infatti del 7iostro Architetto, avvegnaché nobili e maestose, non abbondano soverchiamente di marmi. Faceva gli archi maestri costantemente di mattoni, riflettendo, con giusto discernimento, che in essi consiste il maggior nerbo degli edifiaii. Cosi fece in questi due Tempii di san Georgio Maggiore e del Redentore che sono magnificentissimi. Soleva dire Michelangelo Buonarotta che gli artefici devono sempre aver le seste negli occhi. Ma può dirsi che il nostro Palladio fosse nato colle seste nella mente, negli occhi, e nelle mani, mentre non ci fu artefice che più di lui n’abbia fatto buon uso, tanto sono armoniose e ben accordate le opere sue. Fec’ egli uso di tutti e cinque gli ordini, secondo le qualità degli edilicii ; ma pare che fosse assai vago dell’ Ordine Ionico, MAGGIORE. di cui con frequenza si servi nelle fabbriche dei privati e ne fece anche uso nella bella chiesa di s. Lucia di Venezia. Il Capitello Ionico lo fece ognora a due facce, vale a dire pulvi-nato all’antica, e come ce lo descrisse Vitru-vio E se in qualche suo edificio si vedono capitelli ionici, o a quattro facce , o con il collo sotto la fusaiuola, o sono arbitrii de’ capoma-stri, o volere degli edificatori, che ben sovente anche a que’ tempi, la volevano, come oggidi accade, a lor modo. Pur troppo ci sono, in alcune opere del Palladio, delle scorrezioni: perchè , parte furono compiute, senza la so-prantendenza di lui, e parte dopo la morte sua. Ma chi è buon conoscitore del carattere Palladiano, sa ben distinguere il grano dalla zizzania. Ciò non ostante le opere sue sono sempre state, ed oggi vie più lo sono in sommo pregio: il che è vero argomento della loro eccellenza. „ Se il Palladio rese illustre il suo nome colla esecuzione dell’opere sue: lo rese non meno tramandando a’ posteri in iscritto le sue dottrine. Fino dal 1570 stampò / quattro libri deli Architettura (1) che furono altre volte ri- (i) Sebbene il chiarissimo Scolari abbia indicato essere io possessore di alcuni frammenti ^/¿’Architettura Palladiana (a p. 1 3i), qui però desidero di darne un piùesteso ragguaglio. Ilo intitolato il Codice: Frammenti del I. II. III. libro dell’Architettura di M. Andrea Palladio. Disegni non vi sono, tranne qualche linea geometrica là ove parla del modo di ritrovar l’altezza de’ volti. Vani sono i caratteri, ma dominante è in essi quello di Leonida^/?-gliuoto di Andrea ; e di mano di Andrea non v è che una noterella a matita nera, che indicherò più sotto. Ripieni poi sono di correzioni, giunte, cassature, e queste tutte (per lo più) di una mano, cioè di Vincenzo Scamozzi. Tali confronti li ho fatti con due ricevute originali, l'una di Andrea, V altra di Leonida vedute appo il eh. sig. Bartolommeo Gamba, e colle postille originali dello Scamozzi a un esemplare di Lucio Fauno {Venezia Tra-mezzin 1555. in 8.vi) che tengo fra' miei libri, e eh' è pure ricordato dallo Scolari (p. i5i) e con un esemplare delle Vite di Georgio Vasari dell'edizione seconda pel Giunti i568, tomi due in quarto, postillato dottamente da Vincenzo Scamozzi, e posseduto da.' Nobili Barbaro di san Vitale. Questi frammenti sono pregevoli in quanto anche mostrano la prima divisione che il Palladio aveva data all' opera sua, sulla qual divisione sembra che fosse incerto, come anche ossservò il eh. Cicognara. p. /p dell' Elogio a Palladio. In effetto la prima idea dell'autore era di dividere tutta la materia a trattarsi in tre libri (Te-manza p. 0^2), e invece nella Stampa 1 f> 7 o la ristrinse a due libri. Aggiunse poi il terzo libro che parla delle vie, fonti, piazze, basiliche, e xisti, e un quarto che tratta dei templi antichi. Nel Codice sono Capitoli del 1. II. 111. libro secondo la idea prima dell'autore, nel qual III libro trovansi tre capitoli intorno alle piazze de' greci e latini, alle palestre, ai scisti ec. che spettano al libro HI della Stampa, ma che non avrebbero dovuto entrare in detto III libro, secondo la prima idea del Palladio, giacché in questo 111 libro non dovevasi parlare che delle fabbriche di villa. Vedesi che l'autore pose mano all'opera prima del 1567, imperciocché a pag. 20 del Codice si legge la descrizione della fabbrica di Francesco Pisani (Temanza p. 017) al margine della quale descrizione colla matita nera fu scritto dallo stesso Palladio el quale (cioè il Pisani) impedito da la morte non li potè dar