S. GEORGIO MAGGIORE si venera. Portò a Venezia un’antichissima pietra che stassi sulla mensa dell’altare nella Cappella del Battisteri« in detta Chiesa; e dalla Ce-falonia nel 1126 il corpo di san Donato vescovo che stassi nella Chiesa di s. Maria di Murano ; delle quali cose avrò già occasione di parlare più particolarmente ne'le epigrafi di s. Marco e dell’ Isola di Murano. Sotto di lui nel 11180 iiao rifabbricandosi la chiesa di s. Pietro di Castello usci fuoco, e abbruciò gli edificii di legnoch'erano allo intorno.Nel 1118 stesso si fabbricò da Marco Giuliano la Chiesa e il Vlonastero di s. .Maria della Carità. E’ anche pregevole un Privilegio fatto nel mese di maggio del 1122 alle Comunità di Bari, nel cju;jle il doge Michiel giura di non permetter mai che alcuno di Bari perda la vita o le sostanze, e giura, se mai ciò avvenisse insciente esso doge, di esaminare la cosa, e se ufi fosse colpevole alcuno che fosse in Venezia, di farne giustizia od ammenda, od accordo entro i5 giorni. Una serie di nomi di famiglie Veneziane sottoscritte a questo privilegio lo rendono più importante. 11 Sanuto lo riporta, ma fuori di luogo, cioè allap. 964, e coll’anno ii25, ed indica copia simile di tal privilegio ma con so-fcriiioni differenti. Io ne ho copia a penna del secolo XVI, che reca 1’ anno 1122 ; e che sia del 1122, non del iiao attestalo anche Marco Barbaro nella genealogia della casa Ziani. Prima però di dire della sua morte e sepoltura, è d’ uopo far menzione di due altre circostanze che riguardano le azioni di questo doge. ». Dinante 1’ assedio di Tiro essendo mancata al doge la moneta onde pagare le truppe, e non essendo a tempo di spedire a Venezia per averne, pensò di far battere certe monete di cuojo colla stampa di San Marco, e le dispensò alla gente, promettendo loro, che ritornata Tarmata a Venezia avrebbe ricambiato le monete di cuojo in altrettanti ducati d oro a chi le possedesse. In effetto, ripa-triato il doge, mantenne la parola; e per memoria di ciò furono pósti sullo stemma Michiel i punti, il quale stemma si descrive dagl* Araldici: fasciato d'azzurro e d'argento di sei pezzi con ventuno monete d’oro spar-sopra le fascie e disposte 6. 5. 4- 3. 2. 1. Il fatto è certificato da piò e più storici ; come dal Navagero (p. 969) ; dal Sanuto (p. 487.) scrivente : il doge fece battere una certa moneta chi dice di rame e chi serbe di cuojo, ma il Sanuto crede che fosse di ■■■PII cuojo ; dallo storico Magno ( p. 200 t. ) ; dal Savina, dal Faroldo che dice corame, indorato ed inargentato; da Paolo Morosini ; da Antonio Stella p. 60. ex corio bubulo ; dal Sii’os ; dall’ Agostini cronista ; dalla Cronaca detta Barbo; da Daniel Barbaro ec. i quali tutti nello attestare il fatto dicono che le monete furono impresse in cuojo. Vi sono però degli storici, e forse i più antichi, i qua- li tacciono il fatto, e sono Guglielmo di Tiro, l’Altinate, il Dandolo, il Monacis, il Marcello, il SabeHico, il Caroldo ec. Ad ogni modo io non saprei revocare in dubbio la verità del trovato del doge, che non è di unico esempio nelle storie antiche e moderne. Ciò premessa, abbiamo nella prima Raccolta Calogerana ( T. XXIV. anno 1741 ) un opuscolo anonimo, ma che è comunalmente attribuito al senatore Domenico Pasqualigo del fu Vincenzo, intitolato: Spiegazione della moneta del doge Domenico in Sona, col disegno della moneta stessa tratto dall’ originale esistente già presso il detto Pasqualigo, ed oggidì coll’ altra serie delle monete da lui raccolte, presso la Biblioteca Marciana. L’ autore con molta erudizione dice nulla esservi di più certo del fatto delle monete fatte coniare dal Michiel in Soria nel 1120, o 1125; ma nulla esservi più incerto della qualità di esse monete. Fa poi una giusta osservazione , cioè , che Andrea Morosini (p. 67.) fa dire a Guglielmo di Tiro che il danaro del riscatto di Baldovino II re di Ge-rusale mine ascendesse a cento mille monete che si denomina va no dal doge Michele, mante e il passo di Guglielmo è : Dicitur auttm su ninni prò se pecuniae fuisse cenium mil-lia Michaelitarum quod moneta illa in re-gionibus illis in publicis commodis et rerum venalium principati!in tenebat. E nella traduzione italiana (p 572) sopracitata si ha : Essendo stato prigione nelle mani de’nemici Baldovino re da 18 mesi e pili fu liberato con una taglia della somma che pagò di cento mila Michelotti (cosi) moneta che teneva il principato in quelle parti nei publici negozii di mercatanzie e nei pagamenti. Guglielmo dunque scrittore non discosto più di mezzo secolo dallo avvenimento, ch'egli pone nel 1124, non parla di moneta del doge Michiel, o di Veneziana, 0 di moneta di nuova invenzione, ma di moneta usitata e corrente con tal credito che fino i Saraceni la \sollero per riscatto di un re. Guglielmo la