S. GEORGI0 MAGGIORE a/t7 rò, trovandovisi nel 1 io5 sostituito Tribuno Memo cb’è il secondo di questo 110-nj e (09). Era iniperadore nell’Oriente Alessio, e risiedeva in Costantinopoli, dove, oltre ad alcune campagne, possedevano i monaci di s. Giorgio una chiesa col titolo di s. Marco, ed un domicilio particolare, il quale anche potremmo appellare monastero. Alla direzione di quelle, e di questa era stato dall’ab. di s. Giorgio destinato un monaco di patria veneziano chiamato Pietro uomo di molta pietà, di ardente zelo pel vantaggio del convento, e di qualche ingegno. Aveva egli accresciuta non poco la rendita de’monaci in que’ paesi, e ìa propria, ma era invecchiato e desiderava ripa-triare. Vedevasi ancora in que’tempi la gran chiesa di s. Stefano, fabbricata mentre regnava l’imparadore Costanzo, allorquando, come racconta Niceforo, e come ripetono altri scrittori Greci e Latini, Emiliana, altri dicono, Giuliana, vedova d’Alessandro senatore Gerosolimitano, portato il corpo del protomartire da Gerusalemme a Costantinopoli, procurò, che vi s’innalza*se magnifico tempio, il quale pio desiderio fu soddisfatto. Ma il Santo non riscuoteva da’ greci, ai giorni di Pietro monaco, quel culto che meritava, anzi erapiuttosto dimenticato. Nulla ostante il custode del tempio tenea le chiavi dell’altare ove il santo Corpo giaceva- Tietro fece al custode generose esibizioni, se nascosamente gli consegnava quel venerando deposito: rifiutò quegli più volte, ma finalmente condiscese all’inchiesta, onde Fietro una notte trasportollo segretamente alla sua chiesa di s. Marco. Dobbiamo persuaderci, che nemmeno si solennizzasse nel tempio di s. Stefano annualmente la commemorazione di questo Santo, giacché per otto anni nessuno si avvide del furto. È già noto pienamente quanto in que’ tempi le navi de’ veneziani frequentassero i porti di Costantinopoli, onde non mancavano buone occasioni a Pietro per ritornare alla patria. Ma convien credere, ch’essendo uomo utilissimo pegli affari del monastero di s. Giorgio in quelle contrade, difficilmente abbia potuto ottenere la soddisfazione del suo desiderio per cui era necessaria la permissione dell’abate. Così negli anni otto predetti egli continuò a vivere in Costantinopoli Poscia, essendo approdata una nave di Domenico Dastadello sopra la quale moltissimi mercatanti veneziani si ritrovavano dispose Pietro le cose sue per ritornare con essi in Venezia. Imbarcatosi portò seco la piccola cassa contenente il corpo di s. Stefano, ed insieme alcune reliquie di s. Platone martire, malamente dipoi intitolate di s. Pantaleone (4°)> alcune poche ossa di s. Giacomo Minore (41 ) Ira le quali una yjarte del cranio; e un pezzetto di legno della s. Croce (42). Il naviglio arrivò in Malta con prospero vento, ma da quell’isola salpando ebbe a soffrire burrasca fierissima per tre giorni. Per la qual cosa Pietro monaco manifestò d’aver seco il corpo del protomartire, a cui ciascheduno de’ naviganti fervidamente raccomandossi. Avevaio egli prima tenuto occulto poiché sulla nave trovavansi anche de’ greci, de’ quali poteva temere la vendetta del furto commesso. Ma in un momento di sì grande pericolo i principii di religione dominavano i cuori di tutti, e dovevano escludere ogni pensiero di vendetta. Così avvenne: anzi promisero solennemente che se per intercessione del Santo salvassero la vita, avrebbero per gratitudine portata la sua reliquia in s. Giorgio, dove fabbricatovi un altare, ed instituita una confraternita sarebbero andati in processione una volta all’anno. Pietro Regino, cioè, Ruzini parroco di s. Matteo e no-tajo veneziano essendo nella stessa nave, lasciò scritti i nomi di quelli che fecero il voto (45). Arrivati presso al lido di Venezia, determinarono d’avvisarne col mezzo di scelte persone il doge ed i consiglieri; e cosi fecero, discendendo alcune nel palischermo. Era doge Ordelaffo Faliero, il quale accolse cortesemente, e con sentimenti d’allegrezza i messaggi, e (tanta era la religione in que’ tempi) subito chiamò a se la sua corte, e con molti cospicui cittadini andò incontro alla nave. Con esso v erano, secondo il costume, > consiglieri, e la stessa Matilde sua moglie, donna di regia stirpe, e molto inclinata a proteggere TI culto. In altra barca trovavasi Giovanni Tra-donico patriarca di Grado con altri vescovi e prelati, indi seguiva la moltitudine del Tom. IV. 52 Serie degli al).»t i XI MI