S. GEORGIO MAGGIORE battaglia, t: i libelli sarebbero stati costretti ad rio alla repubblica reca arrendersi se Tessersi d’improvviso rotto il ponte della nave da Ca Michele non avesse fatto cadere alcuni de'nostri che saliti sarebbero sulla torre. Frattanto Lodovico re andava raunan-do vieppiù armi ed armati per correre in soccorso de’ Zarattini che con grande istanza ed importunità ne lo avevano fatto chiamare, e la Signoria non tralasciava di far altrettanto, a-vendo creati altri cinque provveditori che furono Andrea Michele conte di Arbe, Giovanni Gradenigo, Andrea Moresini cavalier, Nicolò Pisani, Ermolao Zane; i quali uniti al Civran, al Falier, al Canal, a Nicolò Barbarigo, a Bernardo Giustiniano e a Marino Griniani, ebbero pienissimo arbitrio loro conceduto dalla Signoria per continuare, o sospendere l’impresa. Fatto consiglio erasi da loro conchiuso di astenersi dal rinnovare la battaglia, per la voce sparsasi dell’imminente venuta delle milizia Ungariche, le quali in effetto venute, ascendet-tero, secondo alcuni, ad ottantamila uomini, de’ quali trenta mila a cavallo, oppure secondo altri a centoventimila. Ma bramosa mostrandosi la gente Yeneta sì di terra che di mare di venire alle mani col nimico, dopo alcune vicendevoli scaramuccie di minore importanza, si cominciò sul far del giorno di sabbato primo luglio 1346 la solenne battaglia, per cui, dopo vicendevoli resistenze, i Veneziani combattendo non come uomini ma come leoni, ottennero pienissima vittoria, respingendo gli Ungari e i Zarattini, e costringendo gli Ungari a ritirarsi a' tur castelli. Le feste in Venezia per questo avvenimento furono grandi ; si lodò il Signore nella chiesa di s. Marco, e si fece una solenne processione. Il re Lodovico mandò a Venezia quattro ambasciatori per trattar riconciliazione ; ma le proposizioni non furono accettate, l'gli erasi ritirato sotto Ostrovizza, donde potè a pena ricondurre in patria Vesercito molto fiaccato e diminuito. Ma i Zarattini che non a-vevan chiesta pace, tenevansi fermi nella città; il perchè i Veneziani ristaurato l’esercito preparavano dieci navi per combattere di nuovo la piità, e il Civran, che s’era fatto onore grandissimo nelle due prime fiate, si disponeva ad andarvi per la terza volta, quando gli assediati, meglio pensando a’casi loro, deliberarono di arrendersi, domandando perdono che fu loro accordato. Levato lo assedio, venne concessa la G07 la data di Venezia 1 i> dicembre 1046. Tutti gli storici con poca diversità narrano cotesto memorabile fatto, e fra gli altri il continuatore del Dandolo (p. 419.) Il Monacis (p. 108 109) il Sanuto (pag. 611. 615.) il Carohlo (p. 120 e segg. del mio esemplare); il Lucio (Ilistor. Regni Da/m. p. 208. 209 ec) il Kreglianovich (Memorie ec. Voi. II. p 119 e segg.) ma più particolarmente degli altri lo descrive un Anonimo pubblicato Jal Morelli per onorare l’ingreiso di Alvise Pisani a procuratore di s. Marco (Venezia Palese 1796. Monumenti Veneziani ec.) Diversificano però gli storici Dalmatini dai nostri in quanto a’ motivi che mossero cotal guerra. Essi sempre intenti a far vedere che i Zarattini avevano bensì un conte Veneziano, ma non però guarnigione straniera ; che si governavano colle patrie leggi in guisa di repubblica aristocratica ; che l’unione co’Veneziani non era mai servitù, ma compagnia;quindi che non erano sudditi nostri, dicono che i Zarattini disgustati co’ Veneziani i quali non avevan loro mantenuti i patti stabiliti nell’ ultimo trattato, e vedendo d'altra banda occupate le loro terre dal re d’Ungheria, le cui mire erano in sostanza città, le torri, e le fortezze dipendenti al pieno dominio de’ Veneziani; e l’istromento di restituzione e sommessione di Zara e suo Territo- juelle d’impadronirsi della Dalmazia, risolvettero di decidersi a favore del re ; il perchè i Veneziani che perdere non volevano cosi per poco una posizione ad essi favorevole, e temendo de’progressi e della potenza di quel re, promossero la guerra che abbiamo detta. I nostri per lo contrario, annoverando per settima, e alcuni per ottava questa defezione Zarattina, dicono : che i Zarattini ingrati ai benelizii dai Veneziani ricevuti, e mossi non tanto dal desiderio di ricuperare la libertà, quanto perché volevano opprimere i popolari, ciò sperando di conseguire coll’ajuto del re di Ungaria, si diedero a lui; onde ne nacque la guerra. Non senza ragione poi ho segnati sotto alcuni passi del racconto. Ciò fu per dare una qualche spiegazione all’antica epigrafe in esametri phe leg-gevasi sul sepolcro del Civran. Il primo a riferirla a stampa fu lo Scradero ( Monumentar uni pag. 309), ed è cosi : (la riferisco cogli stessi errori). In tua damna vides et ferrea vincula pon-tus Rapta gemens fractasque rates per littora cernes Raptorem spolii depromitfletibus istum Destinai hunc Venetum sapiens Censura se-cundo Ut tua castra ruant qui plura per ae-quora bella Obsessis tremebunda tuis direxit et auxit. llic patrias laudes aciem tenuitque