258 S. GEORGIO MAGGIORE apparendo ciò dai registri di que’ tempi. V’ è anche memoria d’un magnifico messale comperato da lui per ventiquattro scudi d’oro, e della rinnovazione eh’ ei fece dei sontuosi e ben noti anche a’giorni nostri libri del coro. E pur certo ch’egli fabbricò il chiostro ; e l’infermeria verso la piazzetta (i5c)) ; ma tali edificii non sono quelli che veggiamo in presente i quali si riferiscono ad epoche meno lontane. Mentre 1’ abate Michele promosse con sommo zelo il culto divino, e si faticò pel vantaggio del suo monastero, attese ancora allo studio. Aveva raccolto scelta e copiosa libreria in Padova dove per lo più abitava ; piacevagli la conversazione degli uomini dotti, ed era amicissimo del famoso Lodovico Barbo abate di santa Giustina; che anzi piuttosto per concertare con questo uomo di gran senno i mezzi per riformare la disciplina del suo monastero, che per qualunque altra ragione, dimoiava frequentemente in quella città (i4°)- Nella quale impresa com’ egli sia riuscito sarà raccontato nel secondo libro di questa istoria. LIBRO SECONDO Lodovico Barbo nobile Veneziano, uomo di molta pietà, e di non comuni talenti di canonico regolare di s. Giorgio in Alga era stato eletto abate di santa Giustina di Padova, e con mirabile prudenza e fermezza aveva riformata la disciplina del suo monastero, ch’indi a poco fu pur da altri accettata (i40> Passato il Michele da Padova a Venezia invitò il Barbo a recarvisi per assisterlo ad eseguire simile operazione nel convento di s. Georgio. L’anno pertanto i429 ebbe luogo la riforma anche in questo monastero per mezzo del Barbo che diedevi mano prontamente, e il pontefice Martino V 1’unì alla congregazione di s. Giustina di Padova (i42)-L’abate Michele non sopravvisse più d’un anno a questa regolazione (i4^)- L’Olmo in relazione a tale epoca narra piacevole storiella con cui scopre il nome fino allora non conosciuto del famosissimo intagliatore lavorante un Crocifisso di legno per commissione dello stesso abate Michele. Non dispiaccia che si riporti. Fra i celebri intagliatori di quell’ età comprende vasi Donatello fiorentino. L’abate Michele ave vagli da qualche tempo ordinato di fare un gran Crocifisso per collocar- lo in un altare della sua nuova chiesa. Il Donatello 1’ aveva già compito , e se ne vantava come d’ un mastro pezzo dell’arte. Chiamò Filippo Brugnolesco, detto anche Brunello, e Brunellesco, suo amico, e compadre a osservarlo, ed era questi uh uomo celebre parimenti in quella professione. Appena l’ebbe egli veduto, che francamente affermò : sembrargli quella figura un villano in croce. Poco soddisfo il Donatello di tale sentenza provocò Filippo a farne uno migliore, e questi glielo promise, purché gli concedesse qualche mese di tempo; il quale passato, Filippo invitollo a pranzare seco lui un giorno, ed a vedere alcuni suoi lavori già compiti , e quegli ben volentieri acconsentì. Il Brunellesco nel frattempo aveva già fatto un crocefisso di grandezza pressoché uguale a quello del Donatello : lo collocò pertanto in una sua stanza terrena in sito affatto opportuno, ponendovi anche una lampada davanti accesa, come se ivi da qualche tempo fosse stato messo per divozione. Necessariamente per salire le scale doveva passare il Donatello per questo luogo. Venuta l’ora prefissa non mancò egli di recarsi all’ abitazione dell’ amico, portandogli in regalo alcune ova fresche, che aveva poste nel suo grembiule, di cui teneva gli angoli assicurati nella mano. 11 Brunellesco occultossi in una camera vicina al Crocefisso indicato, attendendolo. Quando il Donatello entrò nella stanza, s’incontrò subito in questa bell'opera, si fermò a considerarla, e s’incantò per maraviglia così, che dimenticandosi d’aver in mano i capi del grembiule, abbandonolli, e l’ova caddero a terra. Uscito alloca Filippo Brunellesco lo salutò, e dimandogli che cosa gli fosse accaduto ? e il Donatello confessogli ch’essendosi messo ad ammirare quell’intaglio, preso dallo stupore, e dalla divozione non s’ era più ricordato dell’ ova. Il Brunellesco assicurollo, che non da altra mano che dalla sua erasi fatto il lavoro, e eh era appunto quello che volea porre a paragone del Crocefisso di lui, pronto a sottostare