— 76 — ni e si offrisse a Lui, come Egli al suo Padre. La sua morte ignominiosa doveva servire primieramente per suo onore e vantaggio, in quanto che diede prova di quante belle virtù era adorna la sua anima; doveva servire secondariamente a noi, lasciandoci un esempio vivo della fede e della fortezza che dobbiamo avere. Negli ultimi giorni di sua carriera mortale la sua mente era assorta in Dio e nelle sue cose, i suoi discorsi, che faceva ai suoi compagni di sventura, versavano sulla caducità dei beni mondani, sull’eternità dei contenti celesti, sulla felicità di chi si unisce a Gesù Cristo. Il finito volgendosi alla fine della vita tenta aggrapparsi all’infinito. Le sue ultime parole furono : «Viva Gesù Cristo ! Viva il Papa». Fu giustiziato nella piazza detta «Fusha e dru-ve». Fu sepolto nel cimitero cristiano cattolico di Rrmaive. Mi fu asserito che la sua faccia, in luogo di annerirsi era rimasta bianca, tramandava una luce speciale : che sopra il suo sepolcro apparve uno splendore insolito, delle candele accese : che sopra il suo tumulo si avverarono delle risanazioni di infermi, specie di pazzi. Il suo tumulo è oggetto di devoti discorsi. Qualcheduno è persuaso che la descrizione viva e fantastica di certi prodigi che diconsi avvenuti sopra le sue spoglie mortali, sia posta in giro dai turchi e dai nemici dell’opposizione. Da quelli per porre in derisione il cristianesimo coi suoi miracoli; da questi per far vedere che Ahmeti, all’occorenza, sa mandare anche il clero al di là a far potenti e miracoli dal momento che, alcuni di loro al di quà, non vogliono occuparsi del maggiore di essi : la religione cristiana. Fino dai primi giorni della generale incarcerazione erano riserbate quattro vittime ai Dei consenti, cioè Babon-Celi, Mark-Milani, Zef-Deljia di Shoshi e Marti Marashi di Toplana. Tra questi il meno colpevole di questo intrigo politico era l’ultimo. Quando venne il capitano Cerim-Nassufi di Shllaku a Dush-mani mise in arresto i capi di Toplana. Marti-Ma-