— 53 — fu dato il compito di girare assai in largo. Doveva passare per Shoshi, Toplana, Dusmani, Shllaku, e facendo una viva azione verso il ponte di Messi minacciare Scutari dal levante. Un’ora sopra la città. Pietrush-Ndoja di Shoshi a nome degli alfieri accompagnò Lini e i gendarmi dal colle di San Giorgio fino sopra Prekali ad una fonte detta «Ui i sbu-cit». Detto loro «buon viaggio», si ritirò ed internatosi nel folto del bosco, tirò cinque colpi d’arma verso Lini. Incarcerato, dopo la defezione, stava in pericolo di lasciare la vita sulla forca. Lini chiamato a deporre contro Pietrushi, non solo pose in silenzio il fatto, ma allegando anche quello che non era vero, lo salvò dal capestro. Dal dì che fu proclamata l’Albania indipendente Pietrushi e due suoi fratelli percepivano da Ahmeti tre napoleoni e mezzo ognuno e pure... ! I rivoluzionari venendo giù a frotte alzavano le loro grida al cielo e facevano tanto schiamazzo come se non avessero dovuto misurarsi con gente armata. Nok-Geloshi giunto al Rossek, una mezz’ora prima dell’Ave Maria, fece far voce a Vass-Kiri, che doveva arrivare, da Domni, per sapere se si approssimava. Questi rispose dal monte al piano che era pronto, tirando per di più delle schioppettate; eppure la caserma più prossima e il nemico non distavano che venti minuti. Sui colli al di qua del Rossek già il comandante della città aveva schierato i suoi, rinforzati dai tur chi civili, con mitragliatrici. Così aveva fatto anche oltre il Kiri a Drishti. Su tutte le colline stavano Ahmetisti. La caserma della gendarmeria di Messi dunque stava al coperto e ben difesa. In essa Fycyrii-Dinjia capitano della gendarmeria del circondario di Scutari, in essa Moharem Gazazi maggiore dei bashi-buzuk; in essa la gendarmeria di Postripa e quella delle nostre montagne e fuggita avanti ai rivoluzionari. La marcia di questi fu sì veloce, che Lini e Ru-shtem-Puka, comandante del postò di gendarmeria