57G . S. GEORGIO MAGGIORE come di poi si sicno ulteriormente mantenute le discordie tra il pontefice e l'imperatore, le quali per ogni altro antico monumento ci riescono affatto ignote; e come possa perciò esser avvenuto Io scontro navale e la decantata vittoria dei Veneziani: circostanze tutte che invece vengono ancli’esse smentite, oltre che dai genuini documenti che ci rimangono sulle precedenti trattative di quell’anno, (Berti. Pez-Thes. Anecd. t. VI. par. I. col. 586 4^4- Par- U- col. 22 27), di più dalle tante contraddizioni che si rilevano nel racconto della flotta navale ; la quale non potè cerio sortire dall’asserito porto di Brindisi allora soggetto al re di Sicilia nemico di Federico (dulia Monaca-llist. di Brindisi 1674, p. 568) ,• e meno ancora potè esser comandata dal principe Ottone suo figlio cadetto della cui puerile età non muovési oggidì più dubbio dai migliori critici (Vedi nei Ber. IMl. t. VI. col. 4^. Godefr. l iterb., e coi. Silo. Otto de ò‘. Biasio; ivi t. XXV. c. 587. Franc. Pipinus; Saxius Annot. ad Sigonium II. 799; Art de veri/, les dot. 178.5 11.24; Biog. Univ. artic. di Enrico VI, ec.). Non merita la pena pei Veneziani e perla loro storia di far conto alcuno delle dicerie che corrono sugli improprj e disonorevoli modi coi quali dicesi esser seguita la solenne rappacificazione fra i due suddetti augusti personaggi, le quali vengono contraddette da più monumenti, e principalmente dalle Lettere medesime di papa Alessandro, nelle quali non dubitò allora di asserire che Federico a lui obedientia/n et re-verentiarn obedienter et reverenter exhihuit, e che il medesimo ad obedientiam Ecclesiae re-verenter et devote sicut decuit redìit, come può vedersi presso il Pagi (1. c.) ed il Labbè (Concilia t. XIII. col. 081. 4°J ) ; e su di ciò particolarmente è da consultarsi un’apposita e più recente Disseriazione cfie venne distesa da mons. Francesco Mondetli vescovo di città di Castello (Decadi di licci. Dissert. Roma 1791 t. II). Resterebbe ora piuttosto ad esaminarsi quale peso si meriti la tradizione che corre intorno alle diverse onorificenze che si dicono in quella occasione dal pontefice accordate alla repubblica, cioè a dire intorno allo sposalizio del mare, alla bolla plumbea, al cereo, alla spada, all’ombrella e alle altre insegne che precedevano il doge nelle solenni di lui comparse ; intorno alle quali mi giova di osservare che ben diverso sentimento da quello degli antichi stava impresso nei più moderni scrittori Veneziani, i quali anzi sdegnavano che le medesime non contassero una più antica origine e non fossero state sempre di sovrana prerogativa della repubblica ; che tutto al più potè averle prese ad imitazione della corte imperiale di Oriente con ctii frequenti ed immediati erano i suoi rapporti (Sandi. Stor. C'V. di Fen. t. II. p. 467 , Filiasi Meni, dei Ven. t. V. p. 195). E per dire di queste alcuna cosa più particolare, accennerò brevemente come l’illustre doge Andrea Dandolo fino dai suoi tempi su questo proposito ebbe a rimarcare, di aver egli stesso veduto un diploma del doge Vital Michieli II. a quelli di Arbe, il quale anteriormente all’epoca di cui si parla cioè nel 1166, era stato in egual forma segnato col piombo (Rer. Ital. t. XII. col. 290; vedi anche de Monaci* p. 122.126, e de Gratia.Chron. s. Salv. p. 25 annotaz. dell’editore) : circa poi allo sposalizio del mare si può ormai francamente ritenere dietro i documenti pubblicati dal Cornalo (Eccl. Ven. t. IX. p 60 e io4) che al tempo di papa Alessandro fosse già in uso una siffatta ceremonia, della quale non si pena ad indovinare la origine nelle antecedenti gloriose imprese della repubblica (Sagornini Chron. p. g.1) ; Filiasi Mem. t. Vii. p. 264. 272; Crotta. Meni. Stor. C'v. p 58). Ciò non di meno, per qui aggiungere anche il mio sentimento, io non osarei di affermare che in questa cosi straordinaria occasione non si sia potuto recare un lustro ancor maggiore a queste funzioni medesime, e alle altre pubbliche comparse ; e richiamandomi principalmente alle ben diverse e più semplici idee di quei tempi, io non negherei che almeno in qualcuna di esse possa eziandio aver influito l’animo riconoscente e generoso del pontefice. Infra queste di lui concersioni devono sicuramente annoverarsi le indulgenze che accordò a più chiese di Venezia, di taluna delle quali ci rimangono le di lui bolle; e nel numero di esse per ogni ragione di buona critica deve al certo ritenersi genuina quella di san Marco nei dì dell’Ascensione, consacrata com’è dalla più costante tradizione veneziana e forestiera, e la quale nulla dissuona che possa esser stata da lui medesimo accordata a quella principalissima e tanto venerata basilica del Governo Veneziano, nell’occasione di essersi trovato presente alla sopra indicata annuale funzione che accostumavasi in tal giorno. Riguardo poi ai diversi luoghi nei quali tuttora si vorrebbero venerare dal volgo le dormizioni di papa Alessandro sotto ai vestiboli di più chiese, cioè a san-t’Apollinare, a san Salvatore, a san Giacomo di Rialto, a santa Sofia, e che so io; non mi seni-