— 42 — Egli è sicuro di tutte, chè balze, rupi, torrenti e fiumi lo separano da ognuna. Colassù hanno dimora dieci famiglie. Non tenendosi sicure dalla ciurmaglia di Mohareini, trasportarono quel po’ di ben di Dio che avevano giù giù ai piedi di quel colle, vicino al fiume. In un antro vi deposero ciò che a loro stava a cuore. Ad una fanciulletta il gallo di casa premeva ed anch’essa, ad insaputa degli altri fece il possibile per salvarlo. Legategli le zampe lo nascose in quella grotta. Fatta la perquisizione delle case dai soldati si meravigliarono vedendole sprovviste, ma più si stupirono (piando verso l’alba udirono nel silenzio delle foreste sottostanti la voce di un gallo. «E’ Bai-ram-Begu dicevano per scherno, che chiede soccorso» e giù giù di balzo in balzo. Il gallo si era slegato e montato sopra un albero, alla entrata di quell’antro invitava coi suoi Kikirighi quelle orde a fare anche lì quello che eseguirono ovunque. Il povero gallo con una schioppettata pagò il suo tradimento. La roba fu trovata. Le vestimenta furono prese, il resto fu buttato nel fiume. Il gallo apparteneva alla famiglia di Nosh-Lulashi. Anche a Palai di Shoshi si infuriò come a Vacciai e peggio. Fu scovato un grullo di quel villaggio a nome Lush-Geloshi. Lo si ingannò promettendogli di dargli una mancia ed il permesso di porto d’armi se indicasse chi teneva armi nascoste. Ne nominò una decina, alcune falsamente. Successero delle scene dolorose. Gli accusati furono incarcerati, bastonati, appesi agli alberi al solito modo, fatti ludibrio in modo barbaro. Venne la volta anche per l’accusatore di pagare il fio delle sue menzogne. Oltre aver sofferto come gli altri fu legato ed esposto in semplici mutande sur una catasta di legna al freddo della notte di gennaio, e perchè non prendesse sonno, di tanto in tanto gli si versava sopra una secchia d’acqua per rinfrescarlo. Il solito Nue-Zadiku di Shala al termine di ogni perquisizione annunziava i più danarosi delle ville