— 18 — pi uno e mezzo. E siccome senza forza non vi è coercizione, fu loro concessa un’arma per ciascheduno. La maggioranza però del popolo, nel loro modo di esprimersi, regalava al diavolo quel convegno e le sue decisioni. Ma i più forti così volevano e così si fece. Intanto M.r Vescovo soddisfatto di essere stato ubbidito, colla dichiarazione dei capi in tasca, se ne partiva per Scutari. Da colà, dopo esser stato accolto dalle autorità con distinzione di onoranze e di lode per aver pacificato il paese, se ne partì per Roma. Da quel dì in poi gli alfieri ed i capi e sottocapi e le persone influenti, pacifici stando in loro casa, nulla facendo per tutelare la pubblica tranquillità, incielando l’attuale regime, ridendosi dei privati quando venivano ammazzati, derubati, pessundati dalla malizia altrui, si pappolavano la loro facile tangente. Naturalmente se qualcheduno veniva largamente offeso, la colpa non era del governo, ma dell’offeso stesso, il quale o per un verso o per un altro, doveva all’offensore una giusta vendetta. Così l’ingiusto passava per giusto, il male per bene, le vendette più atroci per esecuzioni di pubblica giustizia. Si era posto un sigillo su la iniquità, santificato il delitto, l’immoralità, la fellonia. Vedete infamia umana! Per odio di parte non si voleva una autorità forte al di dentro, per quello di nazionalità la si rifiutava dall’esterno. Intanto si precipitava nell’abisso del disordine, dell’anarchia. Vera immagine di quello che succedeva in Italia nel medio evo.