n8 SAN D< briche sopra le quali attesta il p. Armano nel suo mss., a p. 140, di aver vedute alcune memorie col nome del patriarca. Gli ultimi anni poi passò al colle di san Sebastiano vicino di Vicenza, e quivi morì nel 1 £>54 a’ !9 di agosto, dell’ età sua 86. Il cadavere trasportato a Venezia fu sepolto nel capitolo di questo convento in una tomba che vivente s’era apparecchiata, sopra la quale fu poscia scolpita la surriferita epigrafe . Al disfacimento del luogo , le ceneri furon raccolte e conservansi nella basilica di s. Pietro, da collocarsi in seguito in luogo cospicuo, come accennami 1’ ab. D. Angiolo Re-gazzi. Il Rovetta che scriveva circa il 1090 (p. 108. anno 1629) è il primo che indichi le opere dal Querini lasciate dicendo di aver veduto in questa libreria di s. Domenico eruditi di lui commentarii super psalmos, super divum Mathaeum , super Lucam , super epístolas divi Pauli signanter super epístolas ad Corinthios et super epístolas ad Romanos , et alia opuscula. Echard (T. II. p. 155. a ) si riporta in ciò al Rovetta , chiamando male a proposito il Querini moribus suavissimis. È però osservabile che fra gli scrittori Veneziani registrato non è il nome dal Querini dal San-sovino, eh’è uno de’ primi a serbarne notizia , nè dall’ Alberici, nè dal Superbi, nè da altri più anlichi del Rovetta, e nemmeno dal Tom-masini che aveva innanzi a lui esaminati i mss. delle Venete Biblioteche , e perciò anche quelli di s. Domenico; nè dall’Armano a loro posteriore furon vedute giammai le opere dal Rovetta indicate. Ad ogni modo però il cherico e poi pievano Antonio Stella che tenne elegantissima orazione funebre al patriarca Querini nel 5 settembre 1554 e c^e aH°ra stampata in 12, dice a pagine 26: cu tus ingenii monimenta non pauca in Christianae religionis laudem tam sancte quam utiliter scripta ad hunc usque dierri extant ; e pertanto io credo bene che quelle opere abbia scritte il Querini , e che o confuse senza il suo nome rimaste sieno con altre di simigliante argomento comunissimo allora a trattarsi, oppure che sieno state rubate, o da persone ignoranti vendute, eh’è più probabile , a’salsicciaj. Non solo poi lo Stella lauda come scrittore il nostro patriarca, ma sì anche siccome uomo al sommo benefico perchè cento staja di frumento ogn’ anno facea dispensare a’ poveri del sestiere di Castello, e perchè con denari e con effetti preziosi ebbe più fiate a sollevare la Repubblica nell’ urgenze sue per la guerra contro a’ Turchi. La vita del Querini fu scritta , ma non edita, dal p. Domenico Codaglio, e l’indica nell’ operetta sopra 1’ isola e monastero di s. Secondo . Fra tutti quelli che parlano di lui, credo sia ad anteporsi l’Armano a p. 78 e xi5, e Flam. Cornaro nel T. IV. VII. XIII. delle Venete Chiese. Veggasi anche 1’ Ughelli, gli accennali Rovetta ed Echard, il Touron ec. L’inscrizione ho tratta dall’Armano ( pag. 81) perchè e lo Stringa, e il Palfero, ed altri la ri-feriron mancante delle parole tbOmas vero ec. e oltracciò lesser inferrehetvr____ qri abols- SCENS .... Qf'EM IN MONASTICA. .. . Ommisei’O IV-sti ec. Da essa si scorge quanto affetto nutrisse il Querini per il Donato , e quanto egli fosse osservantissimo della giustizia; ciò che pure afferma Girolamo Trevisano priore e contemporaneo colle parole riferite dal Cornaro ( T. XIII. p. 173 ) a nernine unquam, neque preci-bus, neque minis , quoniam iustitlae tenacissi-mus erat, suaderi cogive potuit, ut ab ea de-Jlecteret. 6 SEPVLCRVM ANTONII DIEDI QVI DOMI FO-RIS [ QYE NON MINVS FORTI TER QVAM IV-STE | RE PVB. GESTA PROCVRATOR D.MARCI | FACTVS ATQVE IN EO MAGISTRATV PIE | CASTEQVE VERSATVS CIVITATI CHA-RVS ET | IVCVNDVS ANNO MCCCCLIX. Antonio Diedo fu figliuolo di Giovanni q. Iacopo (Alberi Barbaro). Fece costui le prime sue militari imprese sotto il comando del generalissimo Pietro Loredano , come sopracco-mito di galea alla guerra che s’ ebbe contra’ Genovesi nel 1431 » e nella vittoria da’nostri riportata a Rapallo (Sanuto col. ioi5. 1018). Allorché nel ì/pg Nicolò Piccinino e il Duca di Mantova sorpresero Verona, il Diedo uno de’ provveditori ritirossi co’suoi nella fortezza , evi si mantenne costante finché fu ricuperata da’ Veneti la città ( ivi col. 1084)- Pfese poscia Antivari città dell’ Albania essendo capitano del golfo nel 1442; e perchè i corsari Catalani infestavano il mare adriatico, e il re Alfonso di Napoli non curavasi di porvi riparo, il Diedo adirato assaltò armata mano un castello posto tra la Puglia e la Calabria detto, secondo il Sa-bellico, e il Sanuto Bestice o Bestize ( latino Bistonium ) , albergo de’ più sicuri a’ nemici ; e avrebbero i nostri riportata vittoria , se una fortuna di mare molestato non avesse il Diedo