16 kali ed il comandante della gendarmeria, ma erano autorità di nome. Il governo nelle grandi tribù aveva come rappresentante un individuo detto «Krahi-naar», il quale per non essere cacciato, abitava presso qualche famiglia forte. Il popolo apprese che il governo temeva e si fece ardito. Così principiò il disordine ed ecco alle uccisioni, ai rubamenti, alle fellonie antiche quando non c’era governo. Nella impotenza di riabilitare l’ordine, si cercò di rinforzare quella morta gendarmeria rimasta a Prekali con l’aiuto di quelli a cui si aveva dato le armi. Così gli alfieri ed i capi per spremere denaro promettevano di mantenere l’ordine pubblico col porre la fedeltà di armistizio fra le tribù, la cosidetta «Bessa e bai-rakve». Si combinò e si ruppe, si ripose e si guastò di nuovo. Una babilonia infernale. Varie fiate padre Cirillo Cani parroco di Baiza e cappellano militare albanese, venne dalla città ai Dukagini onde venisse mantenuta e rinforzata questa benedetta fedeltà. Era mandato da Regep Shala, dal Prefetto e dal clero. Intanto Marka-Gioni a Belgrado soffiava nel fuoco; qualche potenza faceva le viste di voler interessarsi dei suoi lamenti e si temeva che l’unirsi dei Dukagini a lui facesse piegare la bilancia a danno dell’esistenza dell’Albania. Perciò era desiderio dei buon-pensanti sì cattolici che turchi della città che i Dukagini non si movessero. Le sorti del paese stavano in bilico. Anche all’estero si era stanchi di veder trionfare il disordine, la confusione. Tale era lo stato delle cose quando nel 1923, Mons. Bernardino Shllaku vescovo di Pulati si accingeva a prendere le mosse per Roma ad Limina, si faceva buio. Andato a Scutari per continuare poi verso l’eterna città, colà fu persuaso dalle autorità che c’era bisogno estremo di ritornare in diocesi a fare il possibile onde persuadere gli alfieri ed i capi e le persone più importanti dei Dukagini a tenere un’adunanza generale al colle di San Giorgio tra Shoshi e Shala