i 78 S. MARTINO DI MURANO. ducati per gratificar la Cesarea Maestà senza far altra scrittura stando sulla vecchia del- V alleanza colla Signoria, noi li piglieremo. Ma se volete altra scrittura, io vi consiglio che poniate mano a qualche vostro tesoro. Sapete che io sono italiano, e desidero il bene dell’ Italia. Caviamo una volta questi Spugnuoli di Italia, li quali vanno depredando e minando il tutto. Il modo di cavarli è pugarli ; sicché troviamo danari. E se sapreste quanto è stato proposto vedreste che il consiglio mio è buono; e più presto oggi che domani, acconcereste le cose vostre. E parlando poscia gli Oratori col Vicere di Napoli, questi fece loro intendere che la somma richiesta sarebbe di centoventimila scudi. Cesare stesso poi loro diceva ridendo: Io ora son povero; mi bisogna far molte spese; voi siete ricchi, uè vi bisogna far tante spese; bisogna che mi ajutate. Alle quali parole gli Oratori rispondevano, che la trattazione di ciò venisse rimessa nelle inani del protonotario Caracciolo e delPOra-tore Sanchies (65); la qual cosa fu dal Gran Cancelliere accordata (64). Anche in quanto ai luorusciti c’era difficoltà. Imperciocché Cesare avrebbe desiderato che ricuperassero i loro beni, ma gli Oratori rispondevano, ciò essere impossibile, perchè questi beni non eran più in potere della Signoria, ma da 46 anni addietro alienati e disposti, e per le Venete leggi la pubblica vendita non poteva più essere revocata (65). E Cesare ripigliava: Io sono obbligato di procurare il bene di questi fuoruscili li quali han patito per me. Per tranquillizzare l’Imperadare, il Contarmi e il Frinii Oratori promisero che al loro ritorno in Venezia avrebber trovato modo presso le privale persone che ne ave-van interesse, di lare qualche provvedimento (66). Cesare poi ripeteva: Sappiate, Am-basciadori, che quando io volessi il disturbo della Cristianità, la cosa sarebbe in mia mano: ma io non cerco altro che questa gloria, che si dica a’ miei tempi sia stata la pace e la tranquillità nella Cristianità, la qual desidero che sia talmente ferma che anche perseveri dopo di me, e le armi nostre si voltino contra gl’ infedeli, alla quale impresa spero che la Signoria mi ajuterà. E qui gli Oratori s’accorsero, che Sua Maestà tali parole disse con un modo che pareva che uscissero dal cuore. In questo mezzo giunse a Toledo Giambatista Castaldo (67) capitano dei Marchese di Pescara (68) a chieder danari, altrimenti era impossibile il mantener più a lungo l’esercito in Italia; e ne ebbe. Ancora giunsero alcune caravelle dalle Indie con centocinquantamila pesi d’oro per conto di Cesare, non sapendosene però il carato , giacché spesse fiate soleva venir oro molto basso, nè i ducati poi rispondevano al numero dei pesi. Altre navi vennero eziandio cariche di spezierie dalle ìsole A/,ore (69). Intanto Sanchies Oratore di Spagna a Venezia, tiomo collerico per natura, era adirato perchè la Signoria non aveva voluto compiacerlo di alcune cose contrarie alle leggi nostre, benché in molte altre sia stato compiaciuto; il perchè dubitavasi in Corte, non facesse egli, per vendetta, qualche mal officio per la Repubblica con Cesare.-ma il Gran Cancelliere assecurava gli Oratori : dicendo non pensale, che la Cesarea Maestà sia così pronta a creder tutto quel che li è scrittoj e Sanchies non potrebbe sturbar la confermazione dell'alleanza (70), Avuti frattanto i salvocondolti gli Ambasciadori Contarmi e Priuli, presenlavansi a Cesare il quale a dimostrare qualche segno di benevolenza conferì al Priuli la dignità di Cavaliere, ben sapendo l'Imperadore che tale onore non era ambito dal Contarmi. E partiti poco dopo cioè nell’ undici agosto 4525, Cesare mandò loro in dono 4200 scudi, cioè al Contanni mille, e al Priuli duecento (74). Coglie poi il Navagero questa occasione per rammentare l’antica amicizia e fraternità avuta col Contarmi fino dalla puerizia sua; s’estende nel narrare gli eccellenti suoi portamenti appo Cesare, e quanto amore e quanta memoria di sé avesse lasciala a quella Corte; e dice come sia stato savio e destro, e buono ed estimato e ben veduto non solamente da Sua Maestà, ma e da tulli i grandi e mediocri e piccoli di Corte (72). Non tralasciava poi il Navagero dì far elogio eziandio al Priuli il quale crasi diretto in modo che colla destrezza e collo ingegno suo aveasi acquistata la benevolenza della Corte, e nella Orazione che tenue nella prima udienza a Sua Maestà, di cui si è fatto cenno di sopra, si portò eccellentemente sì nel recitarla con