274 S. MARTINO DI MURANO. (257) Narra il Denina (Elogio cc. p. 77-78-79), che Cesare, udita la nuova della morte del Borbone nel sacco di Roma, fece intendere al Grancancelliere che ritornasse in Ispagna, ma allora questi era ancora maialo di gotta in Genova. Stava però il Grancancelliere hi pensiero del modo con cui obbedire a’ comandi dell’ imperado-re, e servire a’proprii suoi riguardi. Finalmente in segreto uscì d’impaccio, e giunse in Barcellona, e consultò con Cesare intorno l’avvenimento di Roma. Vedi aneddoto che in questo viaggio intervenne al Gatlioaia narrato da Lorenzo Cappelloni : Ragionamenti va rii sopra essempii cc. Genova 1576 4.“ pag. 44-45 del Libro primo. (258) Dispaccio daBurgos 25 ottobre 1527.— Laulrec direttore dell’armi francesi prese Pavia nel 5 ottobre 1527 come narra ¡1 Burigozzo (p.47 4.Vol.III. Arch. Storico). Ma nel 13 maggio 1528 la perdette per colpa anche di Pietro da Longhena condolliere d’armi al servìgio della repubblica Veneta, uomo di varia fortuna nelle sue imprese. Imperciocché in Vi-tralla ¡1 di 4 di giugno 15a•j. Mi di questo avvenimento, se ho bene esaminato, non fa menzione il Guicciardini nella sua Storia, e ne ho la notizia dal Sanuto. Nell’anno stesso a’ io del dicembre, ad istanza del Marchese di Mantova col mezzo del suo Oratore prodotta Uno dal io settembre, fu il Luz-zasco condotto a’ nostri stipendi con cavallcggieri duecento, e con cinquanta archibugieri a cavallo, assegnati a lui ducati mille all anno. Vi stette lino al maggio 1028, e fedelmente ebbe servita la repubblica; quando trovandosi colla sua compagnia di alloggio a Trevi nello Stalo ecclesiastico, venne richiamato dal proveditor Nani ch’era in Verona, in suo soccorso. 11 Luzzasco messosi in via, mutato parere, anzi che diriggersi verso Verona, torse cammino, e recossi con tutta la stia schiera alla volta di Mantova, dicendo di voler esser al soldo del Papa, e quindi di abbandonare quello de’ Veneziani; e ciò seppesi per lettere de’ Rettori di Verona del io maggio 1628. ^Contemporaneamente il Luzzos"o fece pervenire Lettera forse del 18, o 19 detto, al Capitano generale de’Veneziani Francesco Maria Duc-a di Urbino, nella quale cerca giustificarsi della sua defezione. In sostanza espone in quella : sè esser venuto al servigio della Signoria colla speranza, e per le paiole anche di alcuni distinti Signori, che all’occasione sarebbe molto bene riconosciuto : essere questa l’occasione, per cui, avendo, cor e ognun ia, bene servilo, gli si dovesse accrescere la compagnia : aver esso veduto altri Capitani fatti di nuovo, cui accrebbesi la compagnia': meritare esso non i soli cinquecento fanti che eransigli offerti, e che non accettò, ma numero assai maggiore : essere perciò venuto in risoluzione di recarsi nel paese del suo Signore e padrone, e non di andar al campo de' nemici della Signoria, sebbene costoro gli avessjr offerto grado e condotta onorevolissima. A questa lettera rispose il Capitan generale con altra datata da Verona nel 20 maggio 1628, nella quale premesse alcune lodi al Luzzasco, siccome gentiluomo esercitalo pur assai tempo con gradi onorevoli, gli si rinfaccia la sua turpe azione, conchiudendo con queste paro'e : Non dico già che ciascuno che serve non possa, quando 'e fuori cTobbUgo ed ha giusta causa, partire, ma deve farlo in mod i che non possa essere d caso suo commentato in mala parie, e seminare sospetto di cattiva opinione. Voi siete parlilo in tempo di urgentissimo bisogno della Signoria trovandosi li nemici nel suo terittorio. Ma frattanto il Senato nel 22 maggio 1528 prendeva la seguente Parte: « Quanto sia detestanda la perfida reoellion di Paulo v Luzasco fuggito dalli servitii del Stato nostro senza causa alcuna in principio di la sua condutta, et « nel importantissimo tempo o al presente ritrovandosi li inimici nel Stato nostro, cadauno di questo Con-« sejo ben lo intende, maxime che ha habuto praticha et iulelligenlia con Antonio da Leva Capitaneo !■> Cesareo, come se ne ha Imbuto vera notizia, contra il quale come inimico et rebello dii Stato nostro » si deve far ogni severa dimostratione sì per honor della Signoria nostra, come ad excmplo de altri, » però l’anderà pai te . ... ( segue un amplissimo bando, con premio a chi lo ammazzerà ec. secondo « te solile formule') c aggiungisi : j1 il bando sia pubblicalo da per tutto il dominio ingiongendo alli ret-tori e proveditori che io iaziuo depenzer sopra una tavola *apicado per un pie come traditor et posto 59 et tenuto in pubiico sopra la piaza al locho di le bolette con il suo nome sopra che diceva: QVKSTO Ij PAVLO LVZASCO TRADITOR DLL STATO NOSTRO v l’ale bando fu pubblicalo a Verona nel maggio 1028, scrivendo Zaccaria Orio in data dello sl'-sso giorno alle ore 17, che molti de’favoriti del Luzzasco, non parse alle piaze et fo posto la pilura cou la li-rea alla gebellina. È aggiunge: Eri per so conto fo tormentati quattro fra li qual uno Aurelio Chiodo. Si scusano non saper nulla. Nel ili ig giugno del medesimo anno eia venuta la nuova della morte del Luzzasco, dicendosi ch’cia a Mantova morto di condormia (cioè di alloppio, o sonnifero dell’Opio ). Seppesi invece con più cerlezza di poi, ch’egli viveva, anzi eh crasi dato agli slipendii del Papa, il quale sostenendo buone le ragioni per cui il Luzzasco aveva abbandonato le bandiere Veneziane, diceva a Gasparo Contarmi Oiatore nel 12 e ài del setiembrc 1628, queste parole: Varia la Signoria levasse la taja data a Paolo Luzzasco, aliter farà uno edito alcun suo subdito non Sii a nostri slipendii se non fin compie la paga tolta; alla quale minaccia il Contarmi, d’ordine della Signoiia rispondeva, che il Luzzasco è nostro suddito, e che sé n’è partito prima di compiere la condotta. V'edtsi infalli anche da una Ducale al Contarini del 22 settembrei528, ch’io tengo in originale membranaceo, che esso giusliGcava appo Sua Santità la procedura intrapresa conira il Luzzasco