94 S. ANDREA DE ZIRADA. » simotertio infrante. Indictione quarta Ri-« voalti . . . . ( Segue in italiano ). AI nome » de Xpo. Amen. MCCGLXVI dì de marzo » in Venexia. Io Pautaleon Barbo fio che fo » de ms. Marco scrivo questo mio testamen-» to . . . , laso comissarii Agnexina mia moli ier Lixe, et Marcuzo mie fioli et Andriuol » e altri mie fioli mascoli che se trovase a la » mia fin.....e Marin Storlado mio nievo, » e Zanin e Tornado Barbo mie nevodi .... » Voio che li dili ducati mille abia lo con-» vento di frar minor che luti conto che sia » messi a lavorar de la gliexia nuova azo » che li preghi Dio per mi (1).....Lo » resto di diti ducati mille voio che li » diti mie comissarii distribuissa in sic ma-« niere de zente zoe afamadi, asedadi, nu-» di, strazoni, infirmi, incarcerarti » . . . . (Fa altre molte disposizioni a favore della Scuola della Misericordia, della Scuola di S. Andrea, della Scuola di S. Mattia, per maritare ragazze ec. ec., e poi ricorda) . .. « Cristina mia fia muier de Michaleto Dol-» fin .... Bela mia fia moier de Zanachi » Corner, (e torna a ricordare) . . . Marcuzo » e Andriuol fiuoli mie. » Ma se, come ha il Galliciolli ( T. I. 199 ) Pantalon Barbo^ il grande da San Pantalon nel 1379 - 1380 contribuiva lire 18450 per la guerra di Chiog-gia, pare ch’egli fosse allora tuttor vivo. Vero è peraltro che la sua ditta, o gli eredi ponno essere stati i sovventori, ed io tengo che cosi fosse. 2. Pantalcone Barbo cavaliere, delto il giovanej fu figliuolo di Francesco q. Marco (Alberi Barbaro e Cappellari). Essendo nell’anno 1355 del mese di novembre passato all’altra vita Matteo Visconti uno de’signori di Milano, la Signoria Veneta per condolersene spediva il Barbo a’rimasti fratelli Bernabò e Galeazzo, insieme con Marino Veniero da San Giovanni Decollato, e Bellino da Molili (Caroldo Lib. Vili p. 164. tergo). Era Gonsigliero in sede vacante per la morte del Doge Giovanni Gradenigo che accadde nel 1356, quando andò ambasciadore a’signori di Padova e di Verona per ottenere il passo alle genti della Repubblica che di Romagna dovevano andar nella Trivigiana; ma non l’ottenne, nè egli nè altri che poscia furonvi allo stesso oggetto inviati (Caroldo p. 173). Fu del 1357 con Marco di Priuli eletto esecutore delle Deliberazioni del Consiglio dei venticinque nella guerra contra il Re di Ungheria (ivi. p. 177. tergo). Del 1360 fu inviato ambasciadore al patriarca di Aquileja Lodovico della Torre per dissuaderlo dal cedere il Cadore e Sacile al signore di Padova (Caroldo p. 188). Del 1361 ambasciadore a Pietro Lusignano re di Cipro, eall’impera-dore di Costantinopoli Calojanni per chiedere risarcimento de’danni recati a’Veneziani mercatanti (Codice Ambasciadori). Del 1364 essendo già Avvogador del Comune, tornò il Barbo legato al suddetto Patriarca Aqui-lejese, e al duca d’Austria Ridolfo per rappacificarli insieme intorno ad alcune vertenze di giurisdizione (Caroldo Lib. IX. p. 204. tergo). (2) Fu spedito con altri provveditori (1) I nomi proprii contenuti in detto testamento, corrispondono presso che tutti alla genealogia della casa patrizia estinta BAKBO. Era allora che continuavasi nella fabbrica della Chiesa di S. Maria Gloriosa de’ Fraii de’minori conventuali, e spezialmente nella erezione di quel campanile. (2) Nel mio Codice n. 1979, copia moderna di uno originale del secolo XIV intitolato Liber tecreiorum sub illustri et excelso domino doviino Lauventio Celsi T'enetiarum duce inceptus an. 1363 indictione prima (che ho già ricordato a p. 2o3 del Voi. III. delle Inscrizioni Veneziane), tengo il testo della Commissione lata dal Celsi a Marco Giustiniano e a Pantaleone tìarbo ambasciadori al duca d’Austria adi 9 febbraio ,364, cioè i365. Comincia. Nos Laurentius Celsus ec. Dolenti i Veneziani per le discordie che ha il duca cum Jurlanis e considerando quanti mali da quelle possono provenire, incaricano gli ambasciadori a persuadere il duca a permettere che essi Veneziani sieno mediatori in questo affare, esponendo anche il modo con cui si crederebbe che tale accordo potesse seguire. Che se non fosse possibile 1’ accomodamento, procurino almeno alcune tregue. E se il duca non volesse nè pace, nè tregua prendessero commiato, e tornassero a Venezia. Che se il duca pretendesse 1’ ajuto de’Veneziani contra i suoi nemici, rispondessero che il nostro costume fu ed è sempre quello di non immischiarsi coll’armi negli affari altrui, e di non ajutare co fatti alcuna delle parti, ma solo di procurare un accomodamento amichevole; nè potremmo far altrimenti anche in vista de’jwtti che abbiamo col Patriarca di Aquileja. Che se il duca facesse parola del passaggio delle truppe de’ suoi nemici pel nostro territorio, rispondessero che lo abbiamo negato, ma se qualche gente vi passa è contra la nostra intenzione, e non lo possiamo impedire sendo il nostro territorio tanto vasto e aperto dappertutto da non potervisi ostare. Se poi il duca dicesse alcun che intorno le