alla volontà eroica di lottare e di sacrificarsi per una idea. Belgrado che è così degnamente succeduto al dominio del distrutto Impero, e ne ha ripreso tutti i sistemi, che alleva con segreta cura l’aquila bicipite e dopo averla mascherata colla vernice parigina, riprende il vecchio motto e cerca in esso soltanto la salvezza dal suo inevitabile gastigo : « Divide et impera ». Come l’Austria di Metternich potè taglieggiare, sfruttare, calpestare tanti popoli incatenati al suo giogo aizzandoli gli uni contro gli altri, e sfruttando le reciproche animosità e le gelosie innate, con identico pensiero, la Serbia militarista ne riprende gl’insegnamenti e li perfeziona. Ed ecco che non appena scoppia la rivolta contro la schiavitù, una voce da Belgrado si leva, ammaestrata con arte, ad ammonire i Croati ribelli: « Voi fate il gioco dell’Ita- ■ lial Unitevi invece contro il comune nemico! Addosso all’Italia! ». E si cerca di creare così il diversivo. E’ tempo di smascherare questi puerili rimedi, è tempo di dire una parola aperta e chiara ai croati e agli italiani. L’Italia non è, o popolo croato, uno strumento di oppressione, ma è invece un elemento di accordo, di armonia, di pace fra - 12 -