bOG S. STEFANO DI MVRANO. » vescovo Marco Giustiniani ; bensì glielo » gero loro domestico aggravio mantenuti » diedi pel suo zelo nel promuovere fra gli » ed educati coatinuamente ( I ). Non è » ecclesiastici le scienze. Fisso in un pen- » quindi a stupire se il di lui nome tuttora » sierjo di erigere un Seminario fece col » presso a’ Muranesi rimane in benedizione, » suo danaro a tale oggetto fabbricare un » ed in acerba ed onoranda memoria, co- » ampio luogo a sue spese, lo provvide di » munque egli sia morto nell’ ottantesimo » quanto era necessario, e ad istitutori ot- » primo anno di sua età fino dai tre di « tenne che vi venissero i PP. delle Scuole » marzo dell’anno 1735 a Campo di Pietra » Pie. Nè qua ristette il di lui merito : che » villaggio del Trevigiano » ( 2 ). » una tale somma di danaro nella Veneta In sua morte abbiamo : « Oratio in fu- » Zecca à egli investita, del cui prò dodeci nere Marci lustiniani episcopi Turcellani, Io- » cherici vi possono essere senza il più leg- sephi Mariae a S. Ioanne Baptista cleric. vere nel Palazzo Episcopale di Murano, e nel 31 detto fu sentenziato a Legge. L’operetta comprende in tutto 43 facciate. Trovo notato che la prima edizione di tale testamento e codicilli è del 1755; ma non la vidi. Moltissimi sono i legati anche a luoghi pii, fra i quali benefica ( a proposito della osservazione fatta all’anonimo di cui alla p. 504. ) « Le figlie dignissiine di coro del pio ospitale dei mendicanti di Venezia di ducati vinti-cinque da lire 6.-4 per ducalo all’anno in perpetuo, acciò nel giorno di San Domenico si facciano ogni anno un pranzo con qualche distinzione e recitino in tal giorno un De profundis per l’anima mia; » e ciò oltre cento ducali ad esse per una volta tanto, e altri venticinque ducali in perpetuo alli poveri di dello ospitale per un altro pranzo con distinzione nel detto dì di San Domenico. Non veggo che sienvi oggetti d’ arte distìnti da lui lasciali tranne utensili d’ argento, e qualche quadro (di cui non è indicato autore). ( \ ). Vedi la seguente inscrizione 52. SEMINARIVM EPISCOPALE. ( 2 ). Giustamente disse il Moschini essere morto a Campo di Pietra nel Trivigiano ; cosa ripetuta dal Fanello nei suoi manoscritti dicendo : « Mons. Marco Giustiniani mancò da mal apopletico correndo l’anno 47o5 nel giorno 2 marzo, trovandosi nella villa di Campo di Pietra nel Trivigiano dove solito era villeggiare ogni anno nei tempi dì sollievo. Il di lui corpo ben custodito fu trasportato in Murano, posto nella chiesa di Santa Maria e Donato, ed ivi nel giorno 10 marzo, dopo orazione funebre in latino recitata dal celebre Padre Giuseppe Maria da San Giovanni Battisla Chierico Regolare delle Scuole Pie, Maestro nel Seminario vescovile di Murano, fu sotterrato nel monumento da lui fallo erigere fino dai primi anni dalla sua residenza in Murano, esìstente in mezzo del Presbiterio di quella parrocchiale. » In effetto vi ho letto e tuttora vi si legge la seguente epigrafe, colle stesse divisioni ed abbreviature. D. 0. M. | Quam instiluita D. Laurentii Iust. societate sanctiorem | ornata signis et i-maginibus ara maiori j amplificato odeo adiectis psallentiuin subselliis J slatoq. sacerdotìbus qui inlererunt redditu | ad epalia numera obeunda | augustiorem fecit j D. Donati epi ec- elesiam | sibi quoque ad quietem delegit | Marcus epus Turcel.s adhuc vivens | die Vili. inensis ianuar. a. M.DCC. [ Obiit in osculo doni laboribus et virlutibus plenus | die II. martii anno MDCCXXXV | aetatis vero suae LXXXIII | episcopatus autem [ XLIII. Nelle memorie poi della vescovile Cancellaria di Murano così sta notato: « Expletis denique sui episcopatus aunis 45 plusquam octuagenarius quum ruralis olii gratin in villani suorum perrexisset (vulgo Campo di Piera) apopletico correptus morbo et quadrimestri aegritudi-ne consumplus dicm supremum obivit die secunda mensis martii anni 1755, solemnique fu-neris pompa scpullus est in maiori capella S. Donati de Mudano, cuius epitaphiosuperius posito, liaec addita sunt: OBIIT ec. » Alla chiesa di San Marco di Campo di Pietra Iuspatronato della famiglia del vesoovo, lasciò il suo « calice e patena usato ordinariamente in casa.