S. MARTINO DI MURANO. 207 temili, come si è detto, nel 21, erano per nome del r» il Cardinale Gran Cancelliere del re (290), il Gran Maestro (291), VAmmiraglio (292), e il Vescovo Burgense (293)j ¡quali poi a’24 dell’aprile stesso 1529 rimisero gli Oratori al re medesimo, il quale disse loro contentarsi che la Signoria pagasse intanto la gente, ch’ella aveva, a conto della contribuzione che le toccava, ma volere che e tutta la delta gente, e i Capitani giurassero fedeltà e obbedienza al re. Nulla però di lutto questo si lece, perchè il re acconciò le querele sue con Cesare scordandosi dell’ essere collegato con Italia (294). Durante questi coiloquii il Navagero era ammalalo, siccome attestava il Giustiniano (295); e lunge dal risanare, soprappreso da gravissima malattia mori nello stesso Bles nel giorno olto di maggio dell’ anno stesso 1529 con grande rammarico del re, il quale avealo orrevòlmente ricevuto non solo in vista della, dignità della Veneta Repubblica , ma eziandio per la lama della virtù di lui. Portato a Venezia il cadavere accompagnato da Pietro Navagero suo fratello, venne sepolto, com’egli a voce aveva ordinato, in questa Chiesa di San Martino di Murano (296). La morte sua fu pianta da tutti gli amici suoi, come potrassi vedere dall’ elenco che sottoporrò, secondo il inio* metodo, degli autori, eh’ io potei conoscere, i quali di quest’illustre parlarono. Considerale fino ad ora le azioni del Navagero come politico, seguiteremo a dire de’ suoi studii de’ quali dopo la sua morte ci pervenne memoria, oltra quelli falli sui classici, di cui aobiamo parlato innanzi d’entrare nella descrizione delle sue legazioni. Ma è a dolersi che poco assai ci pervenne; poiché vicino a morire comandò che fossero bruciate le sue scritture, o le bruciò egli stesso, e fra queste ragionevolmente credesi eh entrasse anche ciò che avea unito intórno alla Storia Veneziana della quale, come si è veduto, era incaricato (297). Gran mercè peraltro che alcune cose sue, già prima della partenza sua per le Ambascerie, raccolte quasi di furto dagli amici, o consegnate da lui stesso a loro, sebbene il une incomplete e non limale, si conser-'arouo e vennero l’anno appresso la sua morte date in luce dagli amici stessi (298). Sonvi fra queste le due Orazioni, che abbiamo più sopra accennalo al Liviano e al Loredano, e sonvi parecchie poesie Ialine intitolate Lusus (298. a.j. Sebbene scarse di numero, pure questo difetto viene largamente ricompensato dalla loro eleganza. Non sq, dice il Tiraboschi, se vi abbia altro poeta di que’ tempi che si felicemente abbia imitata quella grazia eh’ è il vero distintivo carattere del buon gusto (299). Il Morelli inslituendo un paragone Ira il Bembo e il Navagero poeti, scriveva (300): » Due » gran lumi ci si affacciano fra i*più rinomati » ingegni di quella età non solo, ma di ogni » altra ancora, maravigliosamente rispleuden-» ti, il Cardinal Bembo, e Andrea Navagero: » quello maestro di eccellentemente imitare » i classici autori, e di gusto cotanto squi-» sito nel ricopiarne le maggiori bellezze, » che componimento suo non si trova il » quale di perfetta eleganza condito non »sia; questo niente a lui inferiore nella » conoscenza dell’ arte, e nel giudizio, nè » meno di es«o felice nella delicatezza e » soavità del verso; di penna ancor più » franca e robusta, e nel dir tulio con quella » dolcissima semplicità degli antichi quasi » impareggiabile «. Il Meneghelli (501) lauda non solo, ma difende il Navagero nelle sue poesie latine, provando che anziché imitare servilmente gli antichi, il Navagero, massime negli epigrammi e nelle poesie pastorali è assai ricco del suo. Concorde al giudizio di questi, illustri moderni era quello de’più antichi, e particolarmente dì Bartolommeo Ricci contemporanco (302) il quale dice essere tanto lungi che il Navagero fosse privo della scienza dell’ imitare gli antichi, che anzi insegnò ' egli qual via si dovesse in questo tenere, e fa osservare che il Da-mon è in gran parte il Gallo di Virgilio, e il Borgetns è l’immagine del Passere di Calullo. 11 Girale!i (303) parlando dell’ abbondanza degli epitleti conveniente alla elegia dice: la qual cosa conoscendo il giudizioso Navaiero et il buon Moha vollero più tosto nei loro versi eleghi assomigliarsi a Tibullo che ad alcun altro poeta latino che in simile materia di versi liavesse scritto. E finalmente il Partenio, il quale chiamando il Navagero polito e vago ed elegante e pieno di pensieri poetici nuovi e leggiadri,