190 S. MARTINO DI MURANO. mezzo il Navagero la grande tardanza e negligenza della Corte che lasciava andar le cose secondo che la fortuna le guidava. E già da molti giorni erano stale a Cesare falle note le insolenze e le crudeltà che usava Teserei lo suo in sul Milanese, e come quel paese andava lullo in preda ; ed egli promettendo che avrebbe provveduto, nulla avea fallo, sebbene fessegli mille volle sialo protestato, che se non provveder», sollevc-rannosi i popoli, ammulinerannosi le genti. E in effetto venne av viso che già s’erano ammulinati i Lansichenech (185) a Cremona, e poi, che il popolo di Milano crasi sollevalo, e seguili i disordini già noti; nè per questo s’era presa alcuna misura. Chiede-vansi per tanto danari per le truppe; ma 11011 si mandava un quattrino; affermandosi che Cesare per nessuna necessità sua vorrebbe metter mano ai danari ch’ebbe della dote se non per venire in Italia, alla qual venuta natte e dì pensava. Frattanto, cioè alli sei di maggio 4526, si fece in Siviglia una solenne giostra e Cesare giostrò anch’egli. Furono ventidue li giostratori, de’ primi della Corte, i quali vennero con grandissima pompa tutti coperti ed essi e i loro cavalli d’oro, e d’argento ballulo con molte perle e gioje. L’lmpcradore ebbe il primo incontro molto slrano che gli passò lo scudo, e gl’ intaccò la corazza, ancorché le lance non avessero allro ferro che una vera in cima. Corse dapoi tre o quattro altre botte, indi andò a disarmarsi. Egli era bel cavaliere, dice il Navagero e attissimo all’ armi (186). Anche ¡a sera precedente ebber luogo le nozze del Duca di Calabria colla regina Germana, che prima fu moglie del re Cattolico, poi del Marchese di Bran-demburgo (187). L'Imperadore procurò questo matrimonio, e il Ùuca vi si adattò per necessità e aver modo di vivere. Ha, dice iì Navagero, più di sessantamiia ducati d’entrata; e con quello che Cesare le dona e di gioje, e di argenti, e di tapezzarie e di altri ornamenti di casa avrà poco meno di ducentoniila ducali. Cesare poi parti colla Imperatrice per Cordova, per indi passare in Granala (188), dove giunse a’ quattro del susseguente mese di giugno. V’entrò sollo un baldacchino con l’Imperatrice, la quale pose a man dritta. Fu incontralo da lulla la città, ma non però così onorevolmente come in Siviglia, perchè questa cillà non avea nè tanto numero di cavalli, nè gente così ragguardevole come quella, sendo il più abitala dai Mori e da gente bassa (189). il Navagero col Gran Cancelliere era giunto in Granala fin dal venlotlo maggio, e qui udiva, che il re di Francia non poteva ottenere da’ suoi popoli le due cose promesse a Cesare, cioè la restituzione dellaBorgogna, e la Superiorità di Fiandra; che però esso re in luogo di ciò che non può fare, offrirebbe due millioni d’oro per riscattare i figliuoli, cioè un mil-lione sul momento, e il resto ad anno (190). E qui, quanto alle cose d’Italia, attestava il Navagero clic il Gran Cancelliere ne prendeva la possibile cura, malgrado che l’Im-peradore, siccome padrone di tatto volesse fare a suo modo (491); e soggiungeva ch'era il miglior amico che avesse e l’Italia e la Signoria alla Corte Cesarea; e che tulli gli Ambasciadori non avrebber sapulo come negoziare se non avesser fallo capo con lui (492). Una disgrazia si seppe che correndo il re di Francia dietro ad un cervo gli cadde un cavallo addosso e gli franse un braccio; il male però non era di pericolo alcuno. Per la morie succeduta in questi di del Vescovo di Burgos ( vescovato della rendita di ventimila ducati ) affermavasi che sarebbe concesso, se il volesse, al Gran Cancelliere, e ognuno credeva che l’avrebbe bramato, e noi volendo esso, darebbesi a don Giorgio d’Austria (193). In questi dì parimenti moriva l’Arcivescovo di Granala (194). Venne intanto nuova della lega d’Italia tra il Papa, il re di Francia, la Signoria di Firenze e quella di Venezia e il Duca di Milano Pranccsco Sforza, la quale conclusa in Cugnach, non fu pubblicata se non se nel 22 giugno di questo anno 1526 in Angulem (195). Cesare ridilla malvolentieri; e attendea ogni giorno a far provvigioni e tener consulte. Il Papa però assecuravalo che cotesta alleanza non era per offendere Sua Maestà, ma solo per liberare il Duca di Milano, e dar così principio alla pace universale di tutta la cristianità (496). Nondimeno Cesare cercava ogui via per far danari e avea scelli a suoi consiglieri uomini ricchissimi, per cominciar da essi, fra’ quali il Duca di Heger, che dì-cevasi aver oltocenlomila ducali in Conladi.