S. MARTINO DI MURANO. 205 Che quindi il re «iella in ordine prestamente l’armala di mare, e la Signoria manderà venli galee tutte in punlo capitanate dal Provveditore Contarmi (284). — Che allora ¡e forze di mare sariano tali che con difficoltà Andrea Doria (non essendo passalo in Ispagna) vi potrebbe passare, il quale quando anche vi andasse, e si unisse con Cesare, Cesare vedendo di avere a combattere con un’ armata più polente della sua potrebbe mutar pensiero 3 e non melter la persona sua a tanto pericolo. — Più altre cose aggiunse il Navagero al re, il quale, pazientemente udito il tulio, chiamò 1’ Am-basciadore di Milano (285), e quello di Fiorenza (286) eh’ erano in camera^ e in lor presenza copiosamente rispose ciò che, in sunto, qui espongo. — Che era prontissimo esso re di far l’impresa di Milano, ma che, dopo entrativi gli Spagnuoli, sarebbe forse miglior partito l’intraprender quella di Genova, sendo molto più a proposito per disturbare la venuta di Cesare. — Che però intorno a questo non poteasi dar fermo giudizio senza il consiglio di Monsignor di S. Polo e de’ Capitani della Signoria che si trovavano sul fatto. — Che aucorchè esso re dovesse aver più cura di Genova, come di cosa e sua, e più importante, che non di Milano eh’ era cosa e di altri e di minore interesse, pure per mostrare a tutto il mondo che gli stavano a cuore più le faccende della lega, che le sue particolari, era contentissimo che si facesse prima l’impresa di Milano, se far si potesse.* — Che però, nel caso che questa si trovasse difficile, e quella di Genova più agevole, avrebbe pregalo i confederati, che se egli, per loro, si fosse risoluto di far previamente l’impresa di Milano, così anch’essi facessero sì che l’esser Genova sua non gli nocesse. — Il Navagero e il Giustiniano ripigliarono che nociuto non gli avrebbe, ma avrebbe anzi acceso tutti i confederati nel desiderio di ricuperarla quasi che fosse cosa particolare di ciascuno di essi. — Proseguiva il re dicendo, avere spedili già danari assai a Monsignor di S. Polo per l’impresa di Milano. E passando ad altro soggiunse: aver esso minore difficoltà nell’impresa di Spagna Per ricuperare i figliuoli, che nel venire in Italia in persona, poiché sarebbe assistito da tutta la nobiltà francese, trattandosi degli eredi del Regno. — Vantavasi peraltro di amar cotanto la libertà d’Italia, che sa-rebbevi venuto anch’ egli, se vi giugnesse l’Imperadore, e si dimenticherebbe perfino della libertà dei figliuoli. — Voleva intanto sapere il re, venendo, al caso, in Italia, quale ajuto di danari e di vettovaglie quella darebbegli per sostenere l’esercito : imperciocché non sarebbe conveniente che un re di Francia si mettesse in tal cammino senza un fondamento; ed aggiungeva che frattanto avrebbe fatte avviare le sue genti, e date le disposizioni finché ne avesse una risoluzione. E qui i Veneti Oratori risposero : potere il re di Francia sempre riprometlersi di quello amore e di quella premura da parte degl’italiani, che dei Francesi si ripromette; ma che in quanto a’danari e alle vettovaglie non avevan commessione alcuna dalla Signoria, ma ne scriverebbero subito che il re interpellato avesse il Consiglio suo. — Gli altri Ambasciadori risposero a lor proposito, e a seconda delle commessioni avute. — Nulla pertanto si concluse, se non che il. re convocasse il Consiglio, per vedere ciò che potesse dai confederati pretendere venendo in Italia; e gli Ambasciadori dessero notizia del tenuto colloquio a’ loro principi. Aggiunse eziandio il re che Mons. d’ Oranges suo Ambasciadore in Venezia ave-vagli scritto che alcuni gentiluomini in particolare eransigli offerti di venirlo a servire benissimo in ordine sulle galee di Francia^ e che esso re aveva risposto autorizzando l’Ambasciadore a riceverli; la qual cosa voleva il re che e il Navagero e il Giustiniano scrivessero alla Signoria. In fine disse loro che per avvisi avuti di Spagna, Cesare era ancora a Saragozza, e doveva a’15 dell’aprile 1529 venire a Molili de llech a due leghe da Barcellona, e che tuttavia faceva provvigioni al passaggio; ma però il re teneva che il passaggio di Cesare non sarebbe prima del giugno, in cui tutti i Grandi di Spagna convocar si dovevano a Molin de Rech (287). A’21 di aprile 1529 il Navagero e il Giustiniano furono al Consiglio del re cristianissimo; e il risultamento in sostanza fu questo: — Essere il re disposto di venire in Italia, a requisizione de’ confederati, per torla a Cesare. — Per le spese