S. STEFANO DI MVRANO. 469 » aliis condiscipulis haclenus obmissum , de- li bila erga ta!em tantumq : praeceplorem » charilate impellente suscepi : » 11 nostro, che fu, benemeritissimo delle patrie memorie don Sante della Valentina cappellano dcll'Ar-chiconfraternita di San Rocco, cui dall’ abate Antonio Dottore Cicutto già professore del-1’ 1. R. Liceo era stata fatta conoscere tale scheda, ne tenne un Ragionamento nella tornata del Veneto Ateneo 29 Luglio 4819, che restò in quegli Alti non pubblicato. Rii si permettano però alcune osservazioni. La surriferita inscrizione, copiata dal Pai-fiero circa al 1630 la quale vede vasi sopra la sepoltura di ANGELO BERVERIO, è certamente zoppicante nell’ ultimo piede del primo verso, poiché non ci può stare quell'ES. Il Morelli accortosi dello sbaglio (I. c. p. 415) credette di dirizzarlo col sostituire il verbo ERAS, ma non regge la quantità della prima, poich’è breve e dovrebb’esser lunga. La vera sostituzione sarebbe OHM, voce che abbiamo veduto usata nel suddetto epigramma del Carbone. — L’altro sbaglio a correggere è nel Carteggio inedito di artisti pubblicato a Firenze da Giovanni Gaye nel 1839. 8vo. Quivi a p. 564 si legge : MCCCCL1X (1439) 49 octob. DJagislri Angeli Borrotnei habitatoris in Murano in arte vitrea prestantissimi prorogalio temporìs eius advenlus ad habitandum Florenliae. Certamente invece di Borromei deve leggersi Bcroverii o Baroverii o Berverii. La facilità dello scambio del cognome Borromeo e Beroverio ; il non conoscersi di quell’ epoca famiglie Borromeo lavoratrici di vetri in Murano, fa ritenere sicuro l’equivoco. E se è così, abbiamo non solo la conferma della valentia del Berverio neH’ arte vetraria, ma eziandio la notizia che per tale sua abilità era stato chiamalo a Firenze, accordatagli soltanto una proroga ad andarvi. Un’ allra osservazione è , se la storiella di quel Giorgio narrata dal Monaco possa ritenarsi per vera. Non ho, generalmente parlando, motivo di dubitarne : imperciocché nell’Albero della famiglia Ballarini, conservalo ne’ inss. del Fanello, avvi nella fine del secolo XV un Giorgio : e, che la famiglia Ballarini sia slata delle prime celebri a lavorare in questo genere , ce lo dice Leandro Alberti a p. 408 della Descrizione di tutta Italia (Bologna — Giaccarelli. 1550 fol.) ove parlando di Murano ha : Ila dato nome a questo luogo Francesco Salarino il qual con il suo ingegno in fabricare vasi di vetro ha superalo tutti gli altri artefici in sino ad bora. Potrebbe darsi che l'Alberti avesse sbagliato nel nome, e invece di' Giorgio abbia posto Francesco. Del resto posteriormente fuvvi anche il nome Francesco nella casa. E poiché si è veduto che il nostro Berverio era stalo chiamato a Firenze noterò che altro eziandio de’ nostri valente nell’arte stessa fu chiamato a Milano per queslo-oggetto. Infatti il dottore Giuseppe Leopoldo Gross professore di lingua tedesca in Milano, scriveva lino dal gennaro 4858 al chiarissimo Sig. abate Giovanni Bellomo allora professore di letteratura classica Ialina e di filologia greca nel Veneto Liceo, ed ora Canonico residenziale della Marciana, quanto segue — » Rilevasi dall’Archivio » Arcivescovile di Milano essere stato IVico- li lao da Venezia il primo incombenzato di » fabbricare le invetriale dipinte pel Duomo » di Milano, e avervi lavorato con lui un » Cristoforo de Zavattari nel 4 417. Trovasi » eziandio che nel 1419 si faticò per si- li inili lavori in quel Duomo un Mulinari » chiamalo Maestro a Vilrealis non sapen-» dosi poi se questi fosse Veneziano o no. » fLa famiglia Mulinari ò anche Muranese, e avrebbe potuto il Mulinari uscire da quella, se d’ altronde non si sapesse la sua patria). Avuta questa notizia, scrissi all’illusile Sig. Conte Ambrogio Nava di Milano, il quale nel 29 Luglio del corrente anno 4857 facendomi grazioso dono dell’eruditissime sue Memorie e. Documenti storici intorno all Origine, alle Vicende, ed ai Riti del Duomo di Milano flvi. Borioni e Scolli — 4854 — in 4 lig.) mi diede motivo di esaminare la cosa. Non nell5 Archivio arcivescovile di Milano, ma nell’Archivio dell'Amministrazione del Duomo, alla quale da ventiolto anni appartiene il Conte Nava, si trovano le notizie intorno le invetriate delle quali si tratta. Nicolao da Venezia scultore, che aveva ultimata per quel Duomo una statua in marmo rappresentante imago gigantis seu figura, nel 1404 era aodalo a Milano con suo figlio all’oggetto di dipingere sul vetro, e il Conte Nava crede che vi fosse stato chiamato da quei \