S. MARTINO DI MURANO. 24i sioae, secondo che F Imperadore avevagli promesso, e gli fu accordala l’una c l’altra domanda. Ma intanto nell’ aprile dell’ anno medesimo il Consiglio de’ dieci ordinava che si mettessero allo incanto i già confiscati beni in Vicentina del ribelle Nogarola, eh’ eran milleduecento campi della possessione di Baguoli. Molte istanze luron falle da parte del re, e di altri, col mezzo delHOrntor Vendo in Ispagna Francesco Corner, ma nulla se ne ottenne, rispondendosi che il Conle Girolamo in questa guerra senza alcuna causa avea fatto grandissimi inali alla Repubblica.' Erasi anzi proposto che Tommaso Michiel figliuolo di Pietro q. Luca da San Polo, fosse escluso dal Consiglio, sic'eome fratello della moglie del Nogarola. Attestava poi il Corner nel giugno di quell’ anno, che il Conte Girolamo era favoreggialo dal Gran-cancelliere, dal Vescovo di Andalusia, e dal Tesoriere, i quali furou con lui sotto Padova al tempo dello assedio. Nell’agosto dell’anno stesso egli con Prospero Colonna parli di Spagna recando una patente del re al Consiglio d’Insbruck perchè fosser dali a’fuorusciti ducati quattromila a conto di que’danari che, secondo i palti, dovrà loro dare la Repubblica, da essere ripartili tra di loro. Non cessavano intanto gli agenti Cesarei di Verona di chiedere 11 perdono, anche nel 1520, pel Nogarola, e per gli altri, e che almeno a quattro fosse concesso, cioè al Nogarola, ad Achille Borromeo e a Girolamo suo fratello padovani, e al suaccennato Antonio da Tiené^ adducendo il motivo della parentela tra la Casa Nogarola e la Michiel, e di un fanciullo nato al Nogarola durante questa guerra, c in fine per far piacere a Cesare; ma altra risposta non poterono avere, se non, che appunto cotesti quattro avean fatto e andavano facendo mali oflìcii conira la Signoria in falli ed in parole; quindi clic non era da parlarne. Di commessionc dell’Imperadoro nel maggio >1524 dovendo Monsignor de la Rodiia partire da Burgos e venire in Italia si uni a lui il Nogarola, cui, oltra i quattrocento ducali che godeva di pensione, si diedero ducali duecento, ed altri duemila per maritare ima sua figliuola. Ciò malgrado scriveasi da Milano nell’aprile 1525 che ed egli e Achille Borromeo non avevan da oivere, e sollecilavasi la restituzione de’loro beni; e fino dalTogosto 1520 avevausi notizie che il rimanente de’fuorusciti giravan per Napoli miseramente. Quanto a’beni, anche nel marzo 1530 l’Imperadore ne chiedeva la restituzione, ma oragli risposto che gii si davano i convenuti cinquemila ducali, appunto perchè sendosi alienati i beni, non si poteva far altrimenti. La Michiel moglie del Conte Girolamo moriva in Napoli nell’anno 1520. Non si sa veramente quando sia defunto Girolamo. Ma prima certamente del 14 febbrajo 1529 (a stile romano), poiché una Lettera in data di Firenze 13 e 14 febbrajo di quest’anno scritta dall’Oratore Su-riano diceva esser colà giunto uno da Nogarola figliuolo che fu del Conte Girolamo come Oratore dell’Arciduca, e. avea richiesto a’Fiorentini ajuto conira i Turchi. Pare quindi clic il Nogarola ^ fosse già morto allora. — Queste particolari notizie abbiamle dagli inediti Diarii di Marino Sanuto. II. Quanto ad Antonio Bagarolto ribelle della Repubblica, fino dal maggio 1513 soppesi che colie genti uscite di Verona e venule a danneggiare Cologna eran tre cittadini Veneziani, cioè il Bagarolto padovano, Antonio da Tiene vicentino, e un Sigonfrè (così) di Caliari Veronese. Fuggito in Ispagna cooperava anch’egli nel 1519 perchè venissero restituiti i beni a’fuorusciti, cioè che fosse loro concesso il quarto delle entrate loro, come per le capitolazioni conchiuse coll’ Imperadore. Egli poi non cessava insieme cogli alili di chiedere alla Signoria il perdono, e iulcressò perfino il Papa a scrivere al Nuncio Apostolico iu Venezia, eh’ era Monsignor Altobello Àveroldo bresciano, nel luglio 1520; ma nè a lui nè ad altri venne conceduto il perdono. Egli era fratello (non figiio come a torto leggesi nel Sanulo