S. MARTINO DI MURANO. parti di Madriì per lo cammino di Saragoza. II re frattanto faceva ricchissime offerte a Cesare per avere la sua libertà; ma l’Im-peradore temporeggiava finché avesse contezza delle cose d'Italia. Egli avrebbe voluto per ostaggi i figliuoli maggiori del re di Francia, e Madama d’Alanson, e Monsignor di Fandomo (116) e Lotrech (117), e tutti gli altri personaggi che avean carico di gente d’arme, e avrebbe rimesso nel giudizio di sei potentati cristiani, fra’quali il Papa e’Veneziani, sul modo di riconoscere di cui de jure dovesse essere la Borgogna (118). Erasi in questo mezzo sparsa la notizia che il Marchese di Pescava avea posto assedio al Castello di Milano; e il Nuncio Pontificio essendo col Legato dinanzi a Cesare, cominciò a parlar alquanto liberamente, attribuendo al Marchese la colpa delle cose seguite. Ma Cesare non poco turbato rispose, tener egli il Marchese, oltre che per valoroso nell’armi, anche per buono e fedelissimo servrdor suo, e non meritare alcuna riprensione. Che sebbene da lui non avesse avuto ordine di procedere cotanto innanzi, pure parcvagli aver il Marchese bene operalo, poiché eragli ordinato, che delle cose dello Stalo di Milano si assecurasse secondo che gli paresse il meglio. Il Nuncio ripigliava, non negare che non fosse bravo capitano e fedele, parergli soltanto che più pronto fosse alla guerra di quello che Cesare mostrasse di esserlo. E qui rammentò la pratica che il Marchese aveva col Morone per accordo contro l’Imperadore (H9J; la qual pratica Cesare però negava che fosse vera. Anche si seppe che Mons. Memorami, il tesoriere Cesareo Babà (120), e il Baili di Parigi (121) se ne erano andati di soppiatto per le poste in Francia, perche Cesare, dicevasi, voleva farli arrestare siccome scoperti di avere temila pratica di far fuggire il re; la qual cosa fu propalata da un servidore dello stesso 'e (122). Non cessava intanto il Gran Cancelliere (sebbene non uscisse di casa per la gotta che da molti dì lo molestava ) di mandar dicendo all’ Imperadore che non si accordasse con Francia, che questo accordo sarebbe fa sua rovina, perchè il re non avrebbe mai servata la promessa; e che piuttosto assecurasse prima la Italia, si accomodassero le vertenze per lo Stato di Milano, si unisse col Papa e colla Signoria, e in questo modo converrebbe che il re per forza gli fosse amico. Cotesta opinione del Gran Cancelliere era affermata dal nostro Navagero perchè il Gran Cancelliere era in effetto buonissimo italiano, e molto temeva non dalla unione e pace colla Francia seguisse gran danno alla Italia. Allo incontro Cesare sosteneva, che fatta conclusione colla Francia era per far ancor migliore condizione in Italia, e che altro non bramava che pace in tutta la cristianità; aggiungendo che se non si facesse la pace colla Francia, desiderava venisse il Turco, perchè allora di necessità seguirebbe qualche buono effetto. Giunse intanto la novella della morte del Marchese di Pescara (123); ed essendosi risolto di far precedere 1’ accordo colla Francia, Cesare diede ordine al Gran Cancelliere di estendere gli articoli relativi. Ma questi fermo nel suo proposito disse all’ Imperadore che li facesse estendere da altri, poich’egli vedeva che ciò tornerebbe a ruina' d’Italia (124). Nondimeno essendosi adattato il Gran Cancelliere, suo malgrado, stette tutto il di col segretario Giovanni Alemanni (di cui in seguito) a stenderne i capitoli; il sunto de’ quali, che potè pervenire all’ orecchio del Navagero, era: La regina di Portogallo sia moglie del re di Francia. Questi dia in ostaggio il Delfino e un altro suo figliuolo, e i figliuoli di dodici personaggi francesi a suo piacere. Ciò eseguito il re esca di prigione. E come sia giunto in Francia, restituisca la Borgogna libera a Cesare; e gli altri Contadi, eh’erano in dubbio, si cederanno alla Francia come dote della regina (125). Sussistevan però delle difficoltà per adottare questi capitoli. Imperocché Cesare voleva il Delfino e il secondogenito, e dodici personaggi di Francia in ostaggio, quali paressero a luij e questi sarebbero, giusta H Navagero, siati de’principali ed atti al governo, cioè Monsignor di Vandomo, Monsignor di San Polo (126), Monsignor di Lotrech, il Duca di Albania (127), Monsignor di Guisa (128), il Marchese di Saluzzo (129), Monsignor di Memorami, Monsignor di Brion (130), Monsignor della Fai governatore della Bretagna (131), Monsignor di Begni (132), il Maresciallo di Drius (133), e il Gran Siniscalco di Normandia (134). Alcuni aggiun-