48 S. ANDREA DE ZIRADA. In Chiesa, aggiungendosi chcl sapeva ben chel lJoxe e altri vcchi senatori non'erano di tal opinione et che lui non ha arine ne danari ma invocherà in ojulo li principi qualli non hanno mai mancato di uiutar la chiesiu, et ctiam il divino auxilio, per esser cose sue. Il principe e allora e nel dì successivo 29 incollerito rispondeva, non volere dir altro, acciocché sulle parole di lui non si facessero commenti; c Marco Sanudo Consiglici- soggiungeva, grande torlo avere il Papa mentre la Signoria de jurc aveva tolto quelle terre di mano del duca Valentino e non del l’apa. Cotanto però era riscaldato il Leonini nel suo proponimento, che finse perfino che di Roma venisse a lui drizzato un Breve in cui omnino si domandava la restitution dì quelle Terrementre il Breve fu immaginato qui; e di esso non ebbe riguardo di far cenno in Collegio nel 4 gennajo 1503 (cioè 4 504). Sdegnato il principe e tutto il Collegio e pel procedere del Nuucio, e per l’inosservanza del segreto^ fo gran mormtralion di do cosse, prima costui sa oijni cossu qual si fa impregudi, lai tra lui è causa di tulli i malli, e sarìa ben levarlo; e raccomandava il principe il segreto. Andata a Roma la notizia di coleste discussioni, furonvi molli colloquii nel mese suddetto tra il cardinale Cupase (I) e l’arcivescovo di Zara (Giovanni (/ippico) dicendo il Cardinale sé essere stato cagione che il Leonini tornò legato a Venezia, sulla fiducia che la Signoria lo avesse in grazia; ma intendendo adesso il contrario, prometteva di far sì che il papa Io rimoverebbe da Venezia. L’ Ambasciadore nostro poi insinuava alla Signoria, che si facesse alcuna dimostrazione con Gabriele da Fano uomo tulio del pontefice (Gabriello de’Gabrielli da Fano che fu poscia Cardinale) e con Sigismondo da Foligno eli’era l’estensore de’Brcvi. E tale dimostrazione sarebbe un mantello di scuritilo con il capuzo e tanto zambclolo ne facesse un altro; aggiungendo che Sigismondo fu quegli clic scrisse la bolla di assoluzione dalla scomunica al tempo di papa Innocenzo Vili (anno 1 ;i84.) La prudenza del Senato però non volle che cotesto ricordo dell’Ambasciador nostro fosse letto nel Pregadi. Nel mese stesso di gennajo ritornò in Collegio il Nuncio esponendo, che l’Arcivescovo di Ragusi il quale volea fai1 l’impresa della Rocca di Cesena, domandava transito per le terre nostre delle occorrenti artiglierie e munizioni da guerra; ma fugli risposto, che patente non se ne darebbe, bensì se ne scriverebbero lettere al Provveditore di llimini e a’Rettori di Ravenna e al Provveditore di Faenza. Intanto l’ambasciato!’ nostro di Roma non cessava di scrivere al Senato, come il legato pontificio sa luto quel si fa im pregadi; il perché il principe nel 22 detto ne diede relazione nel Pregadi, spiacendo forte che esso legalo sa lutto e soggiungendo e si doveria inquirir di trovar la machia ; e infine diede di nuovo il sacramento a tutti. Sia nel dì vegnente 111 formalmente conchiuso di voler tenere le terre di Roiuagna e luoghi tolti di mano al duca Valenliuo; di avvisare il papa del breve simulato dal legato, col quale non senio per comunicharli nulla fino a che soa santità non lo lievi di qua; la qual cosa fu pure dal doge comunicata all’ Oratore di Spagna venuto in Collegio nel febbrnjo 4503 (1504.) Giunsero all’orecchio del legato le lamentazioni fatte dal doge cogli esteri Oratori; quindi nel dieci del febbrajo suddetto capitò di bel nuovo in Collegio, dolendosi che la Signoria liavia dillo mal di lui, che egli uvea compra questa legation per tremila ducuti e che è causa di ogni mal ec. E volendosi giustificare con assai lunghe parole, e il principe ripetendo le cose medesime, il legato con isdegno disse: ho scripto al papa mi levi. Soa santità non voi e voi porli pa-tienlemente et io soportero et luto quello che soa santità mi commelerà farò. E partissi dal Collegio senza toccar la mano al principe come sempre soleva fare. Il Papa intanto, conscio di lutto, diceva all’Orator nostro in difesa del Leonini: che el feva Voficio suo e che soa santità l’imponeva di farlo nè dove a per questo la Signoria aver a male, e clic se la Signoria non voleva più trattar con lui, era in libertà sua, come pure di dargli licenza. Ma l’Orator nostro ciò scrivente conchiudcva, che il papa voi chel stagi (i) Cioè Loclovico Podacataro Cipriolto Vescovo di Capaccio, poi arcivescovo di llenevento, poi cardinale creato nel i5oo; e morto in Roma nel a5 agosto i5o{, come dai Diarii del Sauuio VI. 58.