32 PARTE PRIMA. e un augurio di speranza; attesta insieme i diritti e i doveri della nostra natura. Similmente la forma dell’ infinitivo, cred’ io che alla lingua de’ Greci moderni venisse da una forma della lingua nostra : se non che a noi l’infinitivo propriamente detto rimane; ed a’ Greci convertesi sempre nel soggiuntivo: chè i Serhi possono dire e igjem riditi, e igjem da vidi, ma i Greci sempre debbono: ndui va eido). La qual forma non è certamente a caso: determina l’indefinito, e segna l’indirizzarsi che la mente umana fa dall1 idea generale dell’ essere all’ universa dell’ ente. Ma per tornare al soggetto, io dico che di certe canzoni il pensiero si può sicuramente affermare di Serbia passato in Grecia, perchè nella canzone serbica egli è più intero, e lavoralo con più fine lavoro. Non parlo de’ canti rimati, che sono e in Grecia e in Dalmazia merce de’ paesi sul mare: ne’ quali canti l’ingegno gioca, ma tace 1’ affetto ; e 1’ attenzione, quasi per pendio sdrucciolevole portata alla fine del verso da quella cadenza uguale di sillabe, non cura se le parole sien pregne di senso, e ciascuna d’ esse contesta con l’altre in delicata e possente armonia. Parlo delle canzoni sane e robuste della montagna e del bosco: e dico che in Serbia l’andamento loro è riposato