DALMAZIA. 97 affisso ', e “conio traili di quella preziosa evidenza che tanto si esalta ne’Greci, benché spesso „Ira loro non sia altro che una bassa trivialità2,,; lodava “il mirabile, più giudizioso, ed ammesso „a più giusto titolo, che il macchinismo dell’Iliade; ,,e la senilità del vecchio Pervan, ben altrimenti „rispettabile che quella di Nestore; e i furori di „Marcone, che non cedono a quelli d’Achille, o „le lamentazioni di Jella che si lasciano mollo „addietro quelle della vedova d’Ettore 3„. Or sentite delle lamentazioni di Jella: “Le „braccia della morte per sempre adunque ti svelgono dalle mie? La distruzione, il nulla stanno „per insignorirsi di te____Tu m’accendi nel cuore „le fiamme d’inferno ... Nero cielo funesto, precipita squarciato in capo a una donna disperala, „compisci e pon fine agli strazi miei ' D’ una seconda letterata la contessa Morelli dice il Cesarotti che strappò il pennello alla natura. Lctt. V, 109. 2Scriveva il Cesarotti a una terza letterata, la Caminer: “Con „pace del vecchio mio arringatore Demostene, toul grec ¡¡ti'il est, a „me piace più il caro stile delle vostre lettere che tutte le insolente jch’ egli dispensa a'Messeri colleghi suoi e gli oratori d’Atene,,. Lett. I, 309. 5 Les Morlaques, p. 335. 4 A una quarta letterata, la baronessa di Stael, lodatrice del padre suo, il Cesarotti scriveva : “/o veggo e sento, tutto Necker, anzi 1’ abbraccio e lo stringo con voi, per voi, ed in voi„. Lett. IV, 323. E il Necker era a lui il segretario della Divinità. Se non che