ALLA CHIESA DI SAN GIORGIO MAGGIORE. 839 Ziani. Il merito di cotesta scoperta è lutto del dottore Nicolo Erizzo a p. 9 della Relazione della Torre dell’Orologio (Venezia 4860. 8.° fig.) ss II più degli scrittori finora credette che le procurale in essa effigiale fossero le stesse che primamente si costrus-sero ia due piani da’Lombardi, giuntovi poscia il terzo che oggi vediamo. Ma bene esaminilo il quadro, ed il disegno in litografia esattissimo fritto da Giovanni Pivi» dor, ed unito alla stessa relazione, vedesi chiaramente che lo stile di quelle procurale è italo - bizantino, lo stesso che tuttora rilevasi dal Fondaco de’Turchi che è del secolo Xfl-XIII ; stile ben diverso da quello adoperato nell’ attuale fabbrica delle procu-ratie, che è Lombardesco. Quindi è chiaro che a’ due piani che veggonsi dipinti dal Bellini non fu aggiunto il terzo di siile lombardesco; ed è invece a dirsi, che geliate giù le auliche bizantine procuratie alla fine del secolo XV cioè tra il 1497 e "1500, si eressero le nuove ne’ primi anni del seco- lo XVI, secondo il modello de’Lombardi ; e allora si fecero in due soli piani; o per imitare le antiche, o per qualsiasi altro motivo, sendo anche in due soli piani il Fondaco de’turchi; poscia del 4517 si aggiunse il terzo piano “ Nè mi si opponga che la Carta del 4 500 attribuita ad Alberto Durerò esibisce le procuratie Lombardesche ? non le bizaatine : imperciocché quella Carla mostra 1« procurale non quali erano del -1500, ma quali dovevano essere. E infatti è d’uopo ri-tleltere che l’intaglio in legno di quella Carta, attesa la difficoltà e lunghezza del lavoro deve essere durato almeno tre anni, e quindi dev’essersi cominciato xlel 1496 o 1497, nel quale spazio si gettavan giù le procuratie vecchie ossia di stile bizantino per sostituirvi le lombardesche che furono dal 4 502 circa al tal7= Ora è ragionevole che l’intagliatore della Carta 4500 per non lasciare un vacuo siasi fatto somministrare il disegno delle nuove da erigersi o che stavansi erigendo allora in due piani. Voi IV. pag. 573. Opuscolo sacro spettante a questa chiesa e: « Directorium divini officii persolvendi • juxta ritum monasticum. prò ecclesia ab- » batiali S. Georgii Majoris Veneliarum pra » anno domini MDCGCIIl. Venetiis ex typ. » Santini. » Voi IV. p. 615. col 2. e 616. coli. Del pittore Giovami Coli lucchese nato 4636, morto 4681 fa menzione anche il chiariss. marchese G. Campori a pag. 4o9. dell’opera Gli artisti italiani e stranieri negli Siali Estensi (Modena 1855. 8.°), e del Coli e del suo compagno Filippo Gherardi si parla anche nel libro, citalo dal Campori: Memorie e documenti per servire alla istoria del Ducato di Lucca. - ivi - Bertini 4822. T. Vili, pag. 455. Voi. IV. p. 647. 700. 701. 751. ove di Antonio Kolb. Il chiariss. mio amico dottore e cavaliere Vincenzo Lazari a p. 467. 468 della Notizia sulla Raccolta Correr, descrisse da pari suo, e parlò della Tavola rappresentante Venezia, attribuita ad Alberto Durerò; e senza aver soit’occbio quanto io ne avea dello alla pagina 751 in appendice alla pag. 700, convenne meco circa la priorità di uno dei due esemplari che trovansi della Venezia slessa, cioè a quello che reca l’anno MD. Quanto ad Antonio Kolb, esso è ricordato come dissi a p. 74) i. anche nelle lettere di Alberto Durerò dirette da Venezia nel 4506 a Bilibaldo Pirkheimero in Norimberga, alle pag. 49. 66. 70 dell’Aggiunta II al fascicolo quarto degli Artisti Alemanni, lettera D (Venezia 4822. 8.°). Il chiarissimo Antonio Neu-mayr autore di quell’opera, riporta dette lettere volgarizzate; in una delle quali alla pag. 49, il Durerò scrive all’.amico Bilibaldo : « Vi faccio sapere che qui (in Venezia) » sonò diversi pittori più abili del nostro » maestro Giacopio, il quale è fuori, sebbene » il maestro Antonio Kolb giuri che in tutto » il mondo non siavi pittore più bravo di » lui. Tutti gli altri suoi colleglli nell’ arte » lo deridono e pretendono che Giacopo sali rebbe qui ( in Venezia ) rimasto- se fosse » valoroso davvero. » Qui mi accade di fare due osservazioni. La prima che da quel brano si può giustamente dedurre che il Kolb non era soltanto mercatante tedesco in Venezia,