ALLA CHIESA DI S. ANDREA DE ZIUADA. 783 somma a pubblico vantaggio , e ciò senza escludere i figli di famiglia. Aveva però l’obbligo nel termine legale di un mese di adempire al deposito di ducati centomila effettui a pubblica cauzione. Bla avendo saputo il Savio Cassiere che il Manfrin era figlio di famiglia, dichiarò al Manfrin stesso che il costituto declaratorio non era ammissibile, aggiungendo che se entro 1’ indomani non erano dichiarali i compagni, ne sarebbe falla Maleria di stalo. Inutili le giustificazioni del Manfrin, anche perchè attesa quella minaccia nessun Avvocato o Interveniente avrebbe voluto difendere le ragioni di lui, nò avendo li danari pronti pel deposito, cercò nella mattina 21 aprile, di rifugiarsi sopra la lista dell’ambasciatore Cesareo, ma questo rifugio gli fu negato. Passò nella medesima mattina sull’ altra dell’ ambasciatore di Spagna, ma gli fu detto di partirsene. Recossi quindi alla sua abitazione, dove nel 23 aprile stesso fu arrestato d'ordine Supremo e trasportato per barca nel Camerotto dello la Guardiola. Egli stesso ne descrive il modo. « Dalli Camerotti » del Tribunale Supremo venni tosto con-» dotto ne’ Camerotti dell'Eccelso ove fui co-» sliluito de plano : ma non avendo quella » mattina terminato il mio costituto mi fe-» cero passare in camerotto oscuro con or-» dine, e pena la vita, che non mi fosse par-» lato da chi che sia, colle porte degli andj » chiuse, e colla sola vicinanza d’un conto dannato in vita, senza lello, nò altro arto iiese, che una sola sedia anche rotta, su » cui non poteva io, che con gran disagio, »sedere. In così misera situazione, sallo Dio » con qual patimento, ed angoscia passai » tutto quel giorno, la notte appreso , e » parte della seguente mattina fino a tanto » che fui condotto a terminare il sospeso » mio costituto de plano. Compito il mede-» simo fui trasportato il dì 11 maggio 4769 * in altro Camerotto oscuro dell’Eccelso, ma » colla libertà di parlare e scrivere, ed ivi » fui trattenuto fino al dì 23 giugno 1769, » in cui mi fecero passare olle prigioni chia-» re dell’Eccelso medesimo. Fu proseguito il » mio processo, e compilato l'offensivo nella » sera 24 novembre 1769., e fu posta la parte » circa il procedatur. Nella prima ballotta-» zione restò preso il proceder contro di me » per un solo voto. A’ 14 dicembre 1769 fui » costituito colle opposizioni. » In progresen produsse il Manfrin le sue difese, ma non volle mai palesare il compagno ch’era un conte lianuzzi, riflettendo che nominandolo, se da una parte esso Manfrin sarebbe stalo appieno giustificalo, d’altra parte il Rauuzzi per li palli secreti, sarebbe tosto disobbligalo c sciolto da ogni impegno verso del Manfrin. Intese dal Consiglio de’X. levalide difese di questo sopra le tre appostegli imputazioni di figlio di fatngilia, di destituzione de’ necessarii fondamenti all'aspiro; e di eccedenza d'offerta, lu nel dì 16 maggio 1770 liberamente assolto con quìndici voli favorevoli, ed uno non sincero. Frattanto fino dal 10 maggio (prima ancora che scadesse il mese all’effettuazione del deposito de’cento-mila ducali) fu deliberala l’impresa de'Tabacchi alli Marchetti, Vaerino, Zanela, Volpi, e Ginami. Pareva, dopo l’assoluzione, che dovesse venire annullata questa deliberazione 10 maggio, e rimesso il Manfrin ne’suoi diritti. Ma intanto che stava egli raccogliendo da’suoi amici di Londra, di Genova, di Vienna, di Livorno, di Ancona, di Roma, di Milano e di Bergamo la somma occorrente pel deposito, la sera del 15 dicembre 1770 fu di nuovo d’Ordine Supremo arrestato, e sepolto vivo in tremendo carcere tenebroso. Fu in esso trattenuto fino al dì 26 febbrajo 1770 M. V. (cioè 1771) in cui «condotto innanzi » a quel Secretario mi significò che sarei » stalo imbarcato sopra pubblico legno verso » Zara mia patria, che colà prima di sbar-» care sarei stalo libero, senza che ne fosse » reso conto a chiunque, e che-sotto pena » della vita non dovessi mai più ritornar-d mene nè alla Dominante nè in Tcrraferma. » Ho sempre ignorato, e ignoro tuttavia (proto segue il Manfrin) la positiva causa di tanta » mia sfortuna, nè altro so se non che in » quei giorni io aspirava ad essere restituito » nella mia impresa, che a tal effetto era io » provveduto dell’occorrente denaro, e che » l’accennato mio arresto costò olio repub-» blica la perdila di mezzo milione di ducati » d’argento, di cui l’avrebbe avvantaggiala » il mio ristabilimento » (Tutto egli attribuisce agl’inimici suoi e alla calunnia). Dovclte dunque partire per Zara , dove giunto non desistette mai di tentare il suo ritorno a Venezia, sempre però inutilmente, ma verso la