I SAN GI0BB1Ì. 755 trovandosi 200 campi nqnistati da li sui de paludi con cnnele per cagioni dele nque che vi erano conliiuittinente, se deliberò di andarli a vedere per poter informarsi e vedere se si poteano liberarli da quelle e renderli a coltura, et trovò con lo suo intcleto (che fu mollo aplicato a questo, come si ha poi veduto) che quei campi si poteano asciugare, ma con spesa, et per poterla fare vendete et impegnò la sua pocha facilità per ritrazerli et per comprarne di altri che similemente erano paludi et ne comprò da 500 (-1) altri et in men di due anni li recluse tuli a coltura, et ritornò il buono «ere a quella villa e luogo nel quale tanto era lo aere tristo che non si poten conservare ritti li pini che nascano. Ma levate le aque il male aere cessò et vene il buono. Et di 40 anime che vi erano, ora \à sono due milia et aquistò una bella inlrada in sua specialità alla ¡gesiii, la quale genia poi che brutissima la fece bella tal che si po dire che in tale luogo desse a Dio tempio altare et anime per adorarlo, et poi lia tenuto sempre a la cura di tale anime due preti di lettere e nuisicha, e fabricò poi per se uno casamento comodo e proprio alla agricoltura fato con ragione di nrchitetura clic uno sì bello forte e comodo non vi è in questi contorni. El volse farlo in volto de pietra per che fuse libero da focho per guere o nitro. El fabricò molti casamenti per contadini, et fece fare uno ponte per pasare la brenta che discore per lo. mezzo di tale villa, opera non da uno suo pare, ma da una comunità. Et in tale villa instituì uno bello costume, che come uno era o è offeso dalo altro, subito si fa la pace, tal che la è la villa dela pace, sicome tute le altre sono piene de discordie et arme. Et introdusè et insegnò nlli Inibitami il vero modo della agricoltura che non la intendeano, e perho ne trazea grande utile, fabricò poi uno amenissimo giardino in monte ad Este che è pieno di diversi e delicati fonli et di perfelissime uve che fano perieli vini. * Fabricò poi qui in Padova la casa che si vede che non vi e nitrii in altra cilà che sendo in la più bella parte, sia circondata da sei beli giardini de diverse forme et ogni-uno adornado de diverso adornamento, fra li quali vi core uno così corente e largo fiume. Et in deta casa vi fabricò stantie che per lo verno sono calde senza stufa o foco e per lo istà altre che. sono fresche senza vento, o Immillo, et havendo così comoda e bella stantia nlogiava tuli li S.ri che pasayano per questa città, et li acoglieva con una Inrga ciera dimostrandoli una cortese et humile cortesia. Et havendo fabricata una bella stantia deliberò di stantiare in questa città. Et come sapea che uno fusse di bello inteleto, ma che per povertà non potesse dimostrarlo o in le-tere o in poesia o in musichi», o 111 pitiira, in nrchitetura, in scoltura lo tolea apresso di sè per darli favore e modo che potesse dimostrarlo. Se diletò nello sua gioventù‘asai di chacie de animali prosi, come capri, cengiali, e cervi, e perche in questo paese non ne erano, ma nel terito-rio di Este, che è diviso da uno ramo del po, sopra quello fabricò una stantia comoda alla cha-cia, et ogni anno per molti anni andò a fare tal chacia dove prendca molli de tali animali, i quali quando dispensavo in Venetia quando in p.* (2), quando li mandava a S.rl Et finita In chacia fa-cea metere ndordine una comedia, la quale se recitava nel suo teatro, che havea fabricato ad in-niitutione deli antichi che il luogo.de la sena lo fece di pietra perpetuo, et l’altra parte dove stavano li auditori, Io facea di tavole da potersi poi levare, et tute tal comedie rcusivano benissimo perche aveo npresso di se in casa sua huomeni molto nti al recitare, come fu quel famoso Ruzzante (3). E per li desordeni che havea fati nelle chacie e in altre cose patendo fredi, caldi, fa-tice e simili, non sapendo che cosa fosse la continenza nè la vitasobrin, pervenuto alla età deli 35 anni se infermò et stete infermo 5 anni che mai medico per sue medicine nè nque di bagni Io poterono liberare. Et havendosi quelli levati dalla cura et impresa non sapendo più conche modo potesero liberarlo, havendo conchiuso che non si potea per due ragioni, la prima perche era prodolo dala natura di trista'complesione e molto sensuale, la seconda che havea fati infiniti desor-dini. Et vedendosi esso abnndonato dali medici, deliberò di medicarsi con una medicina naturale (1) Si leggeva prima 450. io scrissi 500, sebbene il 5 sia scritto in modo da sembrare anche un 8. ( Cornet ). (2) Padovo. (3) Anche da un brano di lettera di Girolamo Negro (nato 4492 morto 4557) diretto do Padova, senza nota di anno, a Paolo Raimisio il giovane, si rileva che il Cornaro teneva nella propria casa in Padova alcune .sceniche rappresentazioni. In effetto il Negro con quella epistola invita il Rainusio (che era ili Venezia ) a venire a Padova per udire in casa di Alvise Cornaro una favola scritta in lingua toscana da un Atigtiillario poeta plebeo. Le parole son queste : ( p. 40. Epist. [Vigl i. 4579. 4. ) An~ guillarius nescio quis poeta plebeius exeunte februario mense proximo fabulam dalurus est po pillo patavino tota (ut audio) ethnisca est. Apparatus fìt maximus in aedibus Aloysii Cornclii. Si libue-rit quaternas lioras perdere, Irne accedilo. — Chi poi fosse quell’ Anguillario non so. Forse un terrazzano di Anguillara nella provincia di Padova, che scrivesse poeticamente in lingua toscana? Forse Giannandrea dell'Anguillara che noto di bassa condizione in Toscana circa il 4517, morto dopo il 4564, girò poverissimo qua e là, venne a Venezia in vesti da mendico ec. e può essersi recato in Padova a visitare il mecenate de’ letterati Alvise Cornaro? Vegga nitri cui interessasse la notizia. i