ALLA CHIESA DI S. MARTINO DI MVRANO. Ma per mostrarmi ¡1 vostro duro aspetto, Or durezza, or pietate, Credo piuttosto amate Che sol per vostro gioco io resta in vita. E s’io mancassi, mancheria, il diletto Che del mio mal pigliate; E mia calamitate, Questo seguendo, non saria finita. Ch’io bramo sol veder, donna gradita, Sazia di me qualunque vostra voglia : 0 mia gioja, o mia doglia Non curo, poi che cosi vuol mia sorte. » Di ciò davanti notizia nel 51 maggio 1850 il chiarissimo conte Camillo Marcolini, ag-gungendo che questo Madrigale è tolto dal Codice segnato col n.° 719. della Libreria Magliabechiana, come egli stesso ha riscontralo. Egli poi non afferma che sia inedito. Certo è che non entra nelle collezioni fin qui conosciute a stampa delle Rime italiane del Navagero. Poco favorevole giudizio fecero però dell’editore Trucchi i Ricordi filologici e lettera-rii pubblicati a Pistoja nel 1847 in 8.vo i quali dicono che quosla Raccolta è gremita di ogni maniera spropositi. Vol. VI. p. 301. nella nota sottoposta. Ottaviano Maria Sforza parseguitalo da’parenti suoi, da Milano venne a Venezia cou una sua figliuola nominata Lucrezia rimasta vedova di Gianfrancesco Gonzaga cugino di Federico marchese di Mantova, e trovò accoglienza in casa del ferriere Beltramo. Si recò poscia colla figliuola a Murano c prese a pigione un Palazzo in deliziosa situazione. Lucrezia vi teneva quella compagnia di dunne e matrone, e di giovani e di uomini egregi i quali insieme ragionando diedero materia allo Slraparola di comporre il libro: Le tredici piacevolissime notti di M. Gio. Francesco Slraparola da Caravaggio ec. stampalo più volte nel secolo XVI e XVII, e già descritto da Bartolommeo Gamba nella bibliografia delle Novelle Italiane (Firenze 1855. b.vo pag. 160. 161. 162. Questa origine è narrata dallo stesso autore noi proemio = Ottaviano Maria era figliuolo uaturale di Galeazzo Maria duca di Milano, e di lui veg-gasi il Litta nella Tavola V di casa Attende* lo Sforzai Lucrezia figlia di Oltaviano sposato aveva Francesco figlio di Giovanni Gonzaga nel 1515, e nel 1525 ne era rimasta vedova ; vedi parimenti il Lilla nella Tavola IV della famiglia Gonzaga. Voi. VI. pag. 302. nota 335. Nella collezione de’ Ritratti del Boissard 1669 è pur quello di Andrea Navagero. Vi si legge : Andreas Navagerius historicus attorno il ritratto in forma ovale; e di sodo sono questi due versi : Distorice Orator celeberrime docle poeta, Gallica pullulo rege sepulchra subis. NelPallra collezione del Reusnero 1589 vi è poriinenli, col nome in alto : Andreas Nau-gerius patricius venetus, e abbasso i due versi : Urbs Venetum vitam, dedit hinc mi/ti Galliti morteni In numeris regnai Suada Venusque meis. Questo ritratto sembra tratto da quello di casa Giovio, che io feci ricopiare dal Comirato e che posi alla pag. 173. Voi. VI. pag. 303. nota 337. Lettere mss. di Andrea Navagero stanno negli Archivii di Madrid, vedute dal chiarissimo nostro bibliotecario dottore Giuseppe Valentinelli, che me ne avvisava. Voi. VI. pag. 306. linea 17. dopo la voce inedite — aggiungi — di Marco Musuro. Fol. VI. pag. 309. nota (2). Una lettera di Girolamo Morone a Domenico Sauli dal Castello di Milano in data 19 novembre 1526, sta a pag. 206. 207 de’Ricordi del Morone pubblicati dal conte Tullio Dandolo (Milano. 1855. 8.°). Gli partecipa la taglia dei 20 mila scudi che avevagli ridotta il Borbono, e si raccomanda per trovar danari. Indi dice : Io non ho uomo al mondo di cui più mi fidi e che ami di piò o che stimi più di voi.