ALLA CHIESA DI SAN GEMINIÀNO. ch’erano già stati pubblicati dal Cornaro (IH. p. 351. 353), commentandoli ove parlano dei confini di quel tempo e ragguagliandoli colla posizione attuale de’ fabbricali già confinanti alla demolita chiesa e casa del piovano Marco Lombardo. Il Rossi ha scorso attentamente, ed io pure il detto Catastico per vedere se v'erano notizie singolarmente artistiche, ma indarno. Esaminò poi un’altro libro spellante alla stessa chiesa col titolo De actibus Capilularibus ecclesiae S. Gemi-nìani ; nel quale si legge « che nel dì 27 • aprile dell’anno 1783, domenica in albis, » il doge Paolo Renier, secondo l’uso, s’in-» dirizzò alla Chiesa parrocchiale e collegiata » di S. Geminiano, dove ascoltata la messa » cantata, partendone accompagnato dal clero *> per la piazza, sino alla pietra di marmo • rosso (della quale vedi nel Voi. V. 541. » col. p.s ) ivi Andrea Recurti pievano si » voltò verso di lui parlandogli così; e sono » queste le precise parole riportate nel testo : » Ecco, Principe serenissimo, ecco hi que-» sio per me felice momento compreso il mio » cuore da tre afTelti diversi. Il primo di » ammirazione ben dovuta al fulgore di quel-» le rare virtù, che vagamente risplendono » nell’augusta persona di Vostra Serenità; » di riconoscenza il secondo, eccitato in me » appunto dall’aspetto di quesla pietra, dove » m’è l’alto onor conceduto di ammirare » per la prima volta la pubblica Maestà, pie-» tra che ben mi ricorda le antiche e re-» centi sovrane beneficenze ; il terzo final-» mente di riverente speranza , che da un » Principe di decantata clemenza sia alla » chiesa e alle umilissime nostre persone » continuato anche in futuro il gran bene » della pubblica protezione. Così voglia Dio » donare a Vostra Serenità lunghi anni an-» cora di vita, come tengo per certo di ve-» dere avverate le mie speranze. » Sotto lo stesso doge Renier, che fu uomo di molto spirilo, avvenne il caso, che il parroco, quantunque avesse molto studiato per mandare a memoria il suo complimento annuale, tuttavia si confondesse in guisa, che, dopo aver accennato, per la commozione dei «uot affetti, di trovarsi confuso, non seppe Più continuarlo ; donde avvenne una reticenza ridicola; ma il doge avvedendosene, soggiunse rivolgendosi alla Signoria : com~ Tomo VI prendo, essere tanta la sua confusione di affetti, da non poter proseguire, e così terminò la faccenda. Raccolgo anche dal Rossi che (|iiel Carlo Rupano (che ricordai a p. C) non fu l'autore della piccola Cronaca di S. Geminiano, per-ch’era un idiota, fabbro di professione, dal Rossi ben conosciuto, e triviale, faccendiere della contrada. Nell’anno 1784 la chiesa di S. Geminiano fu, dove occorreva, ristaurala, ed anche abbellita per diligenza del pievano Gerardo dall’Oslo. Nella stanza vicina alla Sagrestia eranvi l’immagini di S. Maria Maddalena c Santa Barbara dipinte da Bartolommeo Vivarino nel 1490, vedute dal Rossi in quel luogo. Il Catalogo della Pinacoteca Accademica, anno 1859 a pag. 7., divide il quadro, ponendo sotto il num. 9 la Santa Maria Maddalena venuta dalla chiesa di S. Geminiano, e sotto il num. 14. la Santa Barbara 1490 venula dal Convento de' Miracoli. Presso l’altare del Sagramento erano due quadri di Giuseppe Scolari vicentino, 1* uno con Gesù all’Orlo, Paltro cod una sacra storia. Nel 4 7G5 eransi levali, ma vi furono ricollocati per opera di un veneto patrizio grande amatore delle Belle Arti. Sopra la porta dell’ atrio reputatasi di Luigi Benfatto, detto dal Friso, un mezzo tondo grande , o mezzaluna , avente fa Beata Vergine, e diversi altri Santi, ed appiedi il ritratto totalmente assomigliante del piovano Aloisio (del quale vedi l’insc. num. 19. pagina 109 ). La cupola della cappella del Sagramento, con figure, fu lavorata da Giambalista Grone veneziano, compagno di Giuseppe e di Domenico fratelli Valeriani di Roma, morto poi in Dresda al servigio del Re Augusto di Polonia. Eravi nella cappella del Santissimo delta del Sansovino, un Crocefisso assai bello del celebre Faentino, che fu indi affisso nella stanza prossima alla Sagrestia. Voi. IV. pag. 6. linea li. Vengo avvisato che il cavaliere Giuseppe Soli non fu professore Bell’Accademia di Milano, ma nella Scuola Militare di Modena 105