734 SAN GIOBBE. sio, tendi mi a documentare In storili della veneta zecca. A tale oggetto ni’è di mestieri scegliere, anche questa volta, u punto di partenza la suddetta legge del senato 9 luglio 4429. La necessità di una riforma della monetazione fu sentita in quell’epoca, dopo gli acquisti che le armi della repubblica fecero nella terraferma d'Italia, ed aven per iscopo di agevolare i traffichi delle nuove province. Fu statuito pertanto che la zecca nostra, non ¡smettendo lo slampo de’soldi e de’ grossi, però sminuiti di peso, desse inano altresì alla fabbrica di soldi doppii, e di soldi ottupli detti grossi da otto o grossoni. Le quali monete prescrivevansi a 40 carati di peggio per ogni inarco, vale a dire ni titolo millesimale 0,965; e, quanto al peso, tali dovean essere, che ogni lira di 20 soldi pesasse carati 37.-1/6, o grammi 7.694. Il ducato d’oro purissimo e del peso di grani veneti 68. 52/67, pari a grammi 3.689, rogguagliavasi a 104 di que’ soldi, e perciò a lire 5.4. La emissione di quelle monete ( destinati i grossi semplici al commercio orientale ) si operò per via degli stipendii delle truppe, capitanate dal conte di Carmagnola. Questa monetazione durò fino al 4444; nel qual anno, addì 23 gennnjo, fu dal Senato sospesa, non proseguendosi che lo stampo de’soldini, così attenuati, che In lira discese ai carati 33 45/17, pari a grammi 7.042. Pasquale Malipiero, che succedette al Foscari, nulla mutò nel sistema monetario degli ultimi anni del suo antecessore, continuando la fabbrica de’ ducati d’oro, de’ grossi, de’ soldi, e de’ piccoli di lega, senza punto scostarsi da' vecchi tipi. Defunto il Malipiero addì 5 maggio 4462, ed assunto al trono ducale Cristoforo Moro il 42 di quel mese, resse egli la repubblica fino a’9 novembre 1471. Di quali monete si continuasse lo stampo, e quali nuovamente s'introducessero in questo spazio di tempo, vedremo or’ora nel più particolareggiato modo; quali massari tenessero, di que’ di, il governo della zecca non mi è dato conoscere, stante una lacuna che procede dal 29 giugno 1455 al 14 gennnjo 4492 nell’elenco di quei magistrati, da me con lunghe e pazienti ricerche formato, e che comprende più che mezzo mi-gliajo di nomi ; quali intagliatori de’ collii fiorissero, trovo eletti n tali cariche il 26 luglio 4454 gli orefici maestro Luca Sesto e maestro Antonello di Piero, probabilmente di casa Grifo, detto anche Antonello dalla Moneta; ai quali, trent’anni dopo, per decreto del consiglio dei Dieci de’27 febbrajo 4484, fu dato ajuto Alessandro Leopardi. Ma venghiamo alle monete del nostro doge. 4. Ducato d’oro. Coniato la prima volta per legge del Maggior Consiglio de’ 31 ottobre 4284, e che manteneva inalterati il tipo, la bontà assoluta (tìt. 4,0) ed il peso poco addietro allegalo. Quello del Moro non varia dagli antecedenti che nel nome del principe; e perciò mostra da un lato, a manca san Marco ritto che liene il vangelo nella sinistra, e coll'altra porge l’asta di una banderuola sormontata di croce al doge, che genuflesso gli sta davanti stringendola con ambe le mani ; dietro al santo leggesi in lettere verticalmente distribuite S. M. VENETI (Sanctus Marcus Ve-netiarum), a tergo del doge, CRISTOF. MAVRO ; e lunghesso l’asta dalla costui parte, DVX pari-menti in caratteri verticali. Dal rovescio è il Redentore benedicente entro la simbolica ellissi sparsa di stelle, e nel giro si legge: SIT. T. XPE. DAT.’ Q.’ TV. REGIS. ISTE. DVCAT.’ Il valore di questa moneta, dal 23 agosto 4453 al 29 marzo 4472, salì dalle venete lire 6 alle lire 6.4, 2- Grosso o grossetto. Coniatosi primamente dal doge Enrico Dandolo nel 4202, del peso di grani 44 del nostro marco, e col peggio di 40 carati; in altri termini, del peso di grammi 2.277, al titolo millesimale 0,965. I successori del Dandolo ne continuarono lo stampo, interrotto per cause che forse non ignoriamo del tutto, dal 4354 al 4 maggio 4379, per poscia riprenderlo, mutatone alcun po’ il tipo a’ giorni di Antonio Venier, e probabilmente nell’agosto 4387. Il tipo del Venier adottarono anche i successori di lui, abbenchè per mantenerlo del valore di 4 soldi ne alleviassero il peso, per cui fu appellato grossetto ; cotalchè quello del Moro appena raggiunger doveva i carati 6.4/5, pari a grammi 4.400 circa. Esso ci presenta da un luto san Marco alla destra e il doge alla sinistra ritti, questi di profilo e quegli di prospetto, che tengono l’asta del vessillo; dalla parte dell’evangelista è la scritta S. M. VENETI, e da quella del doge CRISTOF’ MAVRO, e lungo l’asta DVX in lettere verticali; ne’due vani tra le figure e la epigrafe ripetesi la sigla cl dell’ignoto massaro all'argento. Dee qui notarsi che le epigrafi di questa faccia del grossetto contengono le stesse lettere che vedemmo sul ducato, e ciò non per capriccio degli zecchieri, ma per ordine della Signoria, registrato nel capitolare delle broche, sotto la data 6 maggio 4462. Dal rovescio è il Salvatore in trono, benedicente e veduto di faccia, cinto dalla leggenda TIBI . LAVS.ET. GLORIA. La fabbrica del grossetto fu decretata due giorni dopo l’assunzione di Cristoforo Moro al principato, così rilevandosi dalla seguente nota esistente nel detto capitolare, in data 14 maggio 1462 : De comandamento del serenissimo principe et de la Signoria, referì Zuan bollador a questi spettabili Signori de la cecha, che i dovesseno fare far i grossi de la stampa del grosso presentado a la Signoria, fato per man de maistro Antonello, si da la banda del Christo, chome da la banda de san Marca e del doxe, con le letere sopra el stendardo ; purché el no ce entri più argento nè mancho del consueto. Dalle quali parole apprendiamo altresì il nome dell’intagliatore d’ambidue i conii, Antonello di Piero. Destinata peraltro questa moneta spezialmente a’traffichi di levante, il mulo artifizio del tosarla, incominciato sotto il go-