to, cioè Pietro Cocco, per quanto pareva, di quelli che comunicavano i segreti del Consiglio a Cristoforo. E diedesi l’ordine di far- li porre anche al tormento se mai non volessero confessare la verità. Infatti vennero esaminati, e fu costituito di nuovo Cristoforo Cocco perchè ratifichi quanto aveva deposto contra di loro. Ma ossia che Cristoforo non ratificasse, o ch’essi sì^in giunti ad iscolparsi in qualche maniera^ è ¿erto che nel 26 settembre i449 non essendosi ritrovato colpevole il Georgio fu scarcerato ; e che nell’ undici febbraio 1449 m- T< cioè i45o a stile comune, fu sciolto dalla prigione anche Pietro Cocco per essersi trovato innocente. Si è già veduto dapprincipio che il Consiglio de’Dieci nel 29 settembre 144® aveva ordinata la detenzione del Cocco nel carcere forte, finché dal Vescovo Castellano suo supcriore insieme col Consiglio suddetto fosse rigorosamente condannato. Ora per continuare regolarmente la procedura, fu stabilito nel 19 settembre 1449 (nove) di inviare al Prelato Castellano due del Collegio; fargli assapere che per oggetti importantissimi, quae non sunt omnibus rnanifestanda, bassi nelle forze Cristoforo Cocco; e che volendosi scoprire la verità, si invita esso Vescovo a venire in persona, o a mandare in sua vece alcun uomo di riputazione, il quale si concerti con quelli che furono sopra ciò deputati ; oppure dia licenza ai deputati stessi di esaminare anche coll’uso della tortura il Cocco quanto occorra per ricavarne il vero: non senza aggiungere che il Cocco fu già privato da Sua Santità del grado di protonotario, e della facoltà di portare rocchetto. Il dì appresso venti settembre si replicò la stessa preghiera stabilendo l’ora della riduzione a Palazzo; e si avvertirono i deputati che se il Vescovo non volesse dare la chiesta permissione, debba esso immediatamente presentarsi al Collegio. Convien dire che la risposta del Vescovo sia stata negativa, perchè nel giorno medesimo si scrive al prelato maravigliarsi il Dominio come in una causa che cotanto interessa lo Stato nostro e 1’ onore de’nobili nostri, talem se gerat, cioè non voglia permettere che i deputati siano con esso 275 lui "o col suo Vicario per esaminare, anche coll’ uso della tortura, il Cocco ed estorquere da esso la verità con quel modo di tormento che se ne crederà più adatto : il perchè lo si prega di nuovo pel bene della patria di accedere a’ desiderii della Signoria. Che se poi, ciò malgrado, il Vescovo perseverasse nella sua risposta negativa, gli si dice, che abbia per iscusato il Dominio se in vista dell’ importanza della materia, avesse a prendere tale risoluzione la quale poi dispiacesse ad esso prelato (dicimus sibi quod si Jecimus provisio-tiem que Rev. paternitati sue dispiiceat ha-beat nostrum Oominium supportatum, quia ta-lis importans materia non requirit hujusniodi cavilationes et moras. Ordinavasi intanto nel ventuno settembre il più rigoroso segreto di quanto si vide e lesse. E nel ventidue dello stesso mese avendo desiderato il Cocco un confessore, si prese di dargli quel confessore che paresse al Collegio, coll’avvertenza a quel- lo di non comunicare ad alcuno cosa in nome del Cocco. Fu d’uopo di un altro eccitamento al prelato Castellano, poiché quattro giorni dopo, .cioè a’ 26 del settembre comandavasi a’ Capi del Consiglio de’Dieci di recarsi a lui, dichiarargli le scritture del Cocco, manifestargli quanto dal Consiglio si era preso contro di quest’ uomo, e pregare esso Vescovo di punire il Cocco con tal rigore che e la Signoria e la città tutta possa restarne giustamente soddisfatta; inoltre che la sentenza ch’egli sarà per proferire, debba previamente essere sottoposta alle riflessioni del Dominio. Il Vescovo, esaminati gli Alti, stese una sentenza, il tenor della quale non risulta (sembra però che fosse di condanna in prigione), ma è certo che non piacque alla Signoria (sententia quam episcopus proferre volebat non placuit isto Consilio); e d’altra parte non essendo ancora ben depurate alcune circostanze della inquisizione, ordinavasi dal Consiglio colla Giunta nel 9 ottobre 1449 d* dilucidarle. Da quanto si è fin qui esposto apparisce che di due delitti fosse colpevole Cristoforo Cocco ; il primo di rivelazione de’secreti dello Stato all’Ambascia-tore del Duca di Milano ; il secondo di falsificazione di lettere in danno del Dominio e di SANTA TERNITA. eran Pietro era propriamente imputalo fcome daH'alto 22 settembre 1449) rivelato a Cristoforo ‘ segreti. In quanto al Geòrgia non so stabilir quale, essendovene \arii negli alberi Giorgio o Zorzi « iuell’epcca collo stesso nome Pietro.